Nella brillante storia del Regno delle Due Sicilie, spicca un personaggio di rilievo nella Corte Borbonica: Giovan Francesco Bonomo, nato a Sanza nel 1769 dal dottor fisico Pietro Paolo.
Al giovanissimo sanzese furono affidate le anime della Casa reale, divenendo il confessore del Re Ferdinando I di Borbone. Nel 1825 toccò a Giovan Francesco dare pubblicamente l’ultimo saluto al Re. Il 25 gennaio, nella Cappella del tesoro di San Gennaro a Napoli, il Parroco Palatino fu scelto per declamare l’orazione funebre. Oggi il testo originale è conservato nell’archivio della Biblioteca di Harvard. Il documento è consultabile on line, anche nella sezione Books di Google.
Giunto a Napoli per intraprendere gli studi giuridici, ottenuta la licenza di patrocinante, Giovan Francesco Bonomo abbracciò la carriera ecclesiastica all’età di 21 anni.
Superò il concorso indetto per volere del Re Ferdinando I di Borbone per ricoprire la carica di Parroco Palatino. Non appena ebbe presentato i suoi titoli “tutti gli altri concorrenti come le tenebre all’apparir della luce” (come si legge nel Libro dei Panegirici, La Vita di G.F. Bonomo, scritto da Paolo Bonomo). Il Re lo scelse per merito, non per anzianità, come si era soliti fare.
La fama e i miti del Parroco Palatino non furono legati ad un sovrano, ma si consolidavano negli anni benché ci fossero stati cambiamenti sul trono. Conquistata la carica con Ferdinando I, conservò il suo titolo con il figlio Francesco I, salito al trono nel 1825 e morto nel 1830. A Francesco successe Ferdinando II il quale attribuì al Parroco Palatino un altro grande riconoscimento per i suoi meriti: lo nominò Cavaliere del Real Ordine Costantiniano, consegnandogli il diploma ufficiale firmato di proprio pugno da Magnus Magister Ferdinando II.
Giovan Francesco subito diede la notizia ai fratelli a Sanza con una missiva in cui li informava di aver avuto l’occasione di ringraziare personalmente il Re e questi, stringendogli forte la mano, aveva risposto che “quello era niente”.
Il 1° novembre 1832, all’età di 64 anni morì a Sanza, assistito spiritualmente dall’Arciprete Gennaro Bianco, il quale propose un’epigrafe (“Hic, si nescis, inter vivo clarvit”) per la lastra funebre, che non si conserva ormai più.
– Ornella Bonomo –