La forza della pioggia dello scorso 26 luglio ha fatto sì che dalla montagna di San Rufo, nelle scorse settimane interessata da un vasto incendio, scendesse una colata di fango e detriti che in poche decine di minuti ha invaso le strade del centro abitato oltre a diverse abitazioni e locali commerciali del paese. Una comunità messa in ginocchio da quella che era una conseguenza annunciata dei roghi che, nei giorni precedenti, avevano ridotto in cenere gran parte della vegetazione presente, più che necessaria per trattenere a monte pietre e fango in caso di nubifragi di eccezionale violenza.
Sono tanti adesso gli interrogativi che si pongono i residenti. Cosa accadrà al prossimo temporale? Quali potrebbero essere, ammesso ce ne siano, i rimedi da adottare a breve termine? Quando la montagna che sovrasta il paese potrà tornare ad una condizione di normalità e non fare più paura a chi vive alle sue pendici? Quesiti che abbiamo posto al professor Franco Ortolani, docente ordinario di Geologia all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Secondo il noto geologo “un altro nubifragio di tale intensità nella stessa area non è escluso, ma è altamente improbabile. Ciò che si è verificato a San Rufo avviene soltanto dopo forti piogge, quelle in presenza di cumulonembi, mentre in caso di piogge normali non succede niente, se non dei ruscellamenti a valle di lieve portata“.
Sulle soluzioni da adottare il docente universitario è categorico e diretto:”Siamo totalmente non protetti e non è affatto contemplata una filiera che conduca alla prevenzione di questi effetti. Al momento si può soltanto pulire la zona interessata e pensare ad un sistema di allarme idrogeologico che avvisi i cittadini e permetta di evacuare le strade per far sì che si incanalino i flussi. Per il resto bisogna attendere la ricrescita della vegetazione e già il prossimo anno, se non ci saranno altri incendi, avremo cespugli di mezzo metro in grado di trattenere i detriti“.
Ortolani pone poi l’accento sui pluviometri che dovrebbero essere installati nelle zone colpite da incendi e sulla loro quasi frequente assenza. “Siamo ancora all’età della pietra – afferma – non ci sono pluviometri in zone come San Rufo, sebbene siano state interessate da gravi incendi boschivi, e non ci sono disposizioni in merito alla competenza riguardo all’installazione. Ma è l’uomo che deve impegnarsi a difendere i cittadini e cercare di affrontare un problema nuovo che si sta presentando in questo periodo di cambiamento climatico“.
– Chiara Di Miele –
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