Sotto accusa il consumo di patatine fritte. Uno studio guidato dall’italiano Nicola Veronese, pubblicato recentemente sull’American Journal of Clinical Nutrition dimostra che il consumo frequente di patatine fritte aumenta il rischio di mortalità prematura.
Tramite somministrazione di questionari, lo studio ha analizzato le abitudini alimentari specificatamente del consumo di patate sia fritte che non, di 4440 partecipanti di età compresa tra i 45 e i 79 anni del Nord America per 8 anni.
Durante lo studio sono morte 236 persone; escluse le cause non collegabili all’oggetto di studio, i ricercatori sono giunti alla conclusione che esiste un collegamento tra la mortalità prematura e il consumo spropositato di patatine fritte. I primi risultati dello studio non hanno evidenziato una differenza sostanziale tra chi consumava abitualmente patatine fritte e chi invece ne faceva uno scarso uso. Tuttavia, le analisi di sottogruppi hanno dimostrato che chi consuma patatine fritte 2-3 volte alla settimana è soggetto ad un rischio più elevato di mortalità rispetto a chi ne fa un uso morigerato.
Lo studio non mira però a demonizzare le patatine fritte ma invita ad un consumo moderato di questo cibo. Il fritto non è in linea generale dannoso per la salute, bastano alcuni accorgimenti nella preparazione e un consumo sporadico. Le patatine fritte e le altre verdure vanno fritte esclusivamente in olio extravergine d’oliva pochi pezzi alla volta, mantenendo costante la temperatura dell’olio a 180-190° C e si deve far asciugare l’olio in eccesso prima di consumare la frittura.
Uno studio spagnolo, condotto da Cristina Samaniego Sanchez a capo del Dipartimento Nutrizionale della Facoltà di Farmacia a Granada, confrontando diversi tipi di cottura rivela inoltre che la frittura in olio d’oliva extravergine, rispetto alle altre preparazioni, mantiene intatte tutte le proprietà nutritive degli alimenti. Le verdure, tipiche dell’alimentazione mediterranea tra cui proprio le patate, se fritte producono più acido oleico e sostanze antiossidanti e sarebbero quindi idonee, nel lungo periodo, a contrastare l’insorgenza di malattia tumorali diabetiche e la perdita della vista.
Bibliografia: www.repubblica.it – www.adnkronos.it – www.responsabilecivile.it
Farmacia 3.0 – Rubrica a cura del dott. Alberto Di Muria