I ricercatori hanno studiato gli effetti della temperatura sul rischio di attacchi cardiaci a Winnipeg, una grande città con i suoi 700 mila abitanti e anche una delle più fredde. La ricerca ha evidenziato l’esistenza di una stretta relazione fra la temperatura giornaliera e il rischio infarto, con un aumento delle probabilità in caso di freddo intenso, mentre non ci sarebbero rischi in caso di neve.
In 6 anni di osservazione, l’indagine ha rilevato che ogni 10°C di calo della temperatura il rischio di infarto del miocardio, quello più grave, aumenta del 7%. In particolare si è visto che esiste una evidente relazione fra la temperatura giornaliera e il rischio di Stemi, una particolare forma di infarto caratterizzata da specifiche anomalie all’elettrocardiogramma, che è piuttosto grave.
Insomma in base alla colonnina di mercurio potrebbe anche diventare più semplice prevedere il rischio di attacco cardiaco sui soggetti più a rischio e magari intervenire in tempo per scongiurare il peggio.
Sempre al congresso Esc un altro lavoro punta il dito sulle temperature basse: sarebbero associate anche a un aumento del rischio di ictus ischemico nei pazienti con fibrillazione atriale, secondo i ricercatori della National Yang-Ming University di Taiwan. La ricerca, condotta su ben 290.000 pazienti, suggerisce che il clima rigido è davvero un problema sottovalutato per la salute, che merita più attenzione. Secondo i dati della ricerca, anche una diminuzione di 5°C della temperatura media giornaliera può fare la differenza, forse a causa della maggiore viscosità e coagulabilità e del plasma sanguigno.
I ricercatori quindi consigliano di calibrare le terapie anticoagulanti e di ridurre l’esposizione al freddo.
Bibliografia: www.corriere.it – www.adnkronos.it – www.si24.it – www.intelligonews.it
Farmacia 3.0 – Rubrica a cura del dott. Alberto Di Muria