E’ l’età il principale fattore di rischio per la degenerazione maculare. Rara prima dei 55 anni, secondo le stime colpisce l’8-11 per cento delle persone tra i 65 e i 74 anni e la sua incidenza cresce esponenzialmente dopo i 75 anni.
La malattia è considerata un’esasperazione del processo di invecchiamento: la parte centrale della retina, detta macula, si consuma con gli anni e sotto di essa si accumulano ammassi di materiale lipido-proteico o neovasi cresciuti in modo anomalo, caratteristiche della forma “secca” o “umida”, rispettivamente, che pregiudicano la visione centrale dell’occhio. Ciò che più preoccupa, visto l’incremento dell’età media della popolazione, è soprattutto il trend futuro: le stime dicono che i casi nei paesi industrializzati come l’Italia sono destinati ad aumentare entro il 2020.
Nonostante queste cifre, in Italia, quasi il 50% dei malati di maculopatia degenerativa legata all’età non conosce il proprio disturbo visivo e lo sottovaluta o non ammette il problema. Questo è quanto emerso da un progetto di medicina narrativa condotto dalla Fondazione Istud su un campione di 163 pazienti in cura in 12 centri di oculistica, con un’età media di 76 anni, e su 42 familiari che assistono. L’obiettivo della ricerca è quello di offrire una panoramica sul percorso e sul vissuto del paziente e della famiglia, dalla diagnosi al trattamento.
Molti pazienti notano questo cambiamento nella loro visione solo quando la degenerazione maculare colpisce entrambi gli occhi; la malattia non dà infatti dolore e spesso i pazienti stentano ad accorgersene fintanto che l’occhio ancora sano conserva inalterata la vista.
Secondo lo studio ciò si traduce in un ritardato accesso alle terapie, peggiorato dalle criticità riscontrate durante le prime visite presso gli oculisti territoriali (liste d’attesa, mancata diagnosi, svalutazione del problema ecc). Le terapie intravitreali sono percepite nel 91% dei casi come efficaci a stabilizzare o migliorare la capacità visiva. L’iter terapeutico è vissuto come molto impegnativo a causa dei continui accessi ai centri di cura. La malattia ha un forte impatto sulla qualità della vita: il 77% dei rispondenti ha ridotto o cessato di svolgere le attività quotidiane.
Bibliografia :www.lastampa.it – www.fbov.org – www.fondazioneveronesi.it – www.medicinanarrativa.eu
Farmacia 3.0 – Rubrica a cura del dott.Alberto Di Muria