Il Consiglio Superiore di Sanità (CSS) si schiera contro la “cannabis light”. In un parere richiesto a febbraio dal segretariato generale del Ministero della Salute l’organo consultivo raccomanda “che siano attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti”.
Al CSS sono stati posti due quesiti: se questi prodotti siano da considerarsi pericolosi per la salute umana, e se possano essere messi in commercio ed eventualmente a quali condizioni. Ebbene, riguardo alla prima domanda, il Consiglio ritiene che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di “cannabis” o “cannabis light” o “cannabis leggerà”, non può essere esclusa. Questi i motivi: “La biodisponibilità di THC, il principio attivo psicotropo presente nella cannabis, anche a basse concentrazioni non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, THC e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”.
Di fatto, la legge 242 del 2016 rende legale la coltivazione e la vendita di influorescenze di cannabis light come oggetti da collezione, alimenti, cosmetici ed altri prodotti, ma non per uso ricreativo. L’impressione, però, è che non sia possibile escludere che le influorescenze non siano impiegate anche per usi diversi. Il rischio, ad esempio, è che vengano vendute insieme ad apparecchi per fumare e accendini.
Anche se in basse concentrazioni, il THC rimane una sostanza psicotropa, che si accumula nei tessuti grassi e viene poi rilasciata lentamente. Per questa ragione i potenziali rischi sono soprattutto per i bambini e i ragazzi, in cui lo sviluppo cerebrale è ancora in atto, e nelle donne in gravidanza.
Bibliografia: www.repubblica.it – www.ilmessaggero.it –www.huffingtonpost.it – www.wired.it