Il glifosato, potente erbicida molto diffuso, non è esposto solo chi vive in campagna: il rischio di contaminazione è alto anche per chi abita nel centro di una grande città come Roma. Sono state effettuate delle analisi a campione da parte de il Salvagente e dall’associazione A Sud, che hanno rivelato che il 100% del campione esaminato era positivo all’erbicida. Gli esami sono stati condotti su un gruppo di 14 donne in gravidanza e in tutte è stato riscontrato glifosato nelle urine. Si parla di donne che risiedono in città e non hanno contatti, se non sporadici, con l’ambiente di campagna; nessuno quindi si può sentire al sicuro se si può entrare a contatto con l’erbicida già prima della nascita.
Nelle urine delle donne esaminate sono state riscontrate quantità di erbicida pari a un range di 0,43-3.49 nanogrammi per millilitro di urina, ma dal momento che ancora non esistono limiti sulle quantità non si può determinare se sia il caso di allarmarsi o meno.
Infatti, attorno al glifosato si combatte da anni una battaglia senza esclusione di colpi. Lo IARC, l’Istituto per la ricerca sul cancro dell’OMS aveva tacciato il glifosato di essere un potenziale cancerogeno ma l’EFSA, che controlla il cibo in Europa e l’ECHA, che monitora le sostanze chimiche, lo avevano invece liberato di ogni dubbio emettendo un parere di non cancerogenicità .I risultati dello IARC però si basano su studi indipendenti e pubblici mentre gli altri enti fanno affidamento su ricerche eseguite dalle stesse aziende che lo producono e lo diffondono. Inoltre ia EFSA sia ECHA hanno dovuto ammettere i danni che il glifosato causa per la sua genotossicità e gli effetti duraturi sugli organismi acquatici e sulla vista animale ed umana. Inoltre gli enti non hanno tenuto conto di rischi concernenti l’esposizione alla sostanza ma solo del suo consumo alimentare.
La causa della presenza del diserbante nell’organismo è da ricercarsi nell’alimentazione e nella presenza costante di glifosato nei cibi che portiamo in tavola. I colpevoli non sono solo pasta, farine e farinacei, ma anche carne, latte e derivati, perché oltre l’85% dei mangimi utilizzati in allevamenti sono costituiti da mais, colza e soia Ogm resi resistenti al glifosato.
Bibliografia : www.repubblica.it – www.slowfood.it – www.ilfattoalimentare.it – www.blastingnews.com
Farmacia 3.0 – Rubrica a cura del dott. Alberto Di Muria