– Lettera aperta di Antonio D’Acunto, Dirigente Interregionale Centro Sud della Guardia Nazionale Ambientale –
L’emergenza cinghiali è un vero problema per l’agricoltura e molte volte causa incidenti stradali ed è quasi impossibile calcolare i danni che questo mammifero provoca sul territorio, a volte anche vettore di peste suina africana.
Le cause di questo aumento sono molteplici: tra questi anche l’introduzione agli inizi del secolo di specie non autoctone introdotte dall’Europa dell’Est a scopo di ripopolamento venatorio, fatto dalle province fino al 2004 e molte volte anche da cacciatori locali. Queste specie, molto prolifiche, accoppiandosi con il cinghiale nostrano hanno contribuito all’aumento sconsiderato. Inoltre, a contribuire all’aumento dello stesso in questo ultimo periodo è stata senza dubbio la limitazione dell’attività venatoria dovuta ad una netta diminuzione del periodo cacciabile a seguito del Coronavirus.
Anche l’Ispra dà indicazioni per aumentare gli abbattimenti ed organizzarli in maniera che siano molto più efficaci e per quanto riguarda il prelievo venatorio, ovviamente, da solo non basta anche perché il cacciatore predilige abbattere i grandi maschi in età adulta. Ma l’abbattimento deve avvenire in un regime selettivo in base al sesso e all’età: per tenere sotto controllo la proliferazione bisognerebbe concentrarsi più sulle femmine e se l’abbattimento è prevalentemente nei confronti dei maschi si potrebbe avere un effetto contrario.
Come sappiamo in Campania il ripopolamento da cinghiali è vietato da oltre 10 anni e dalle ultime rilevazioni si ipotizza una presenza di questo ungulato compreso tra 60.000 e 80.000 capi. L’aumento di questa specie comunque è avvenuto agli inizi degli anni ’60 con l’aumento della superficie boscata nonché la diminuzione delle aree agricole coltivate. Ovviamente la caccia nei Parchi non è consentita, cosa diversa per il controllo (“prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’ente Parco, L.N. 394/91”) e dove si sta svolgendo un ottimo lavoro per alleviare il problema nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
Attualmente attivi ad oggi 309 selecontrollori con in corso un bando di inserimento di altri ISO con oltre 5000 capi abbattuti. Altri problemi sono stati causati dagli innumerevoli incendi boschivi che hanno spinto l’ungulato a dirigersi verso altri paesi. Il caso cinghiali sta diventando un caso internazionale: il New York Times ha dedicato articoli alla nostra emergenza.
Un altro rimedio potrebbe essere l’aumento del nemico numero uno del cinghiale ossia il lupo: in alcune zone italiane, se gli agricoltori proteggessero maggiormente il loro bestiame, il lupo inevitabilmente dirotterebbe la sua attenzione sull’ungulato.
Quindi a mio avviso, facendo una giusta collaborazione tra cacciatori, agricoltori e con un importante prelievo selettivo anche nelle zone attigue del Parco il problema potrebbe diminuire notevolmente. Anche il prelievo selettivo permetterebbe di rendere sicura la carne che poi arriva sulle nostre tavole essendo controllata dall’ottimo servizio veterinario.
– Antonio D’Acunto –