Nel corso degli ultimi tempi risultano numerosi i cittadini destinatari di aspre sanzioni a seguito dell’utilizzo di assegni privi della dicitura “non trasferibile”. Sembra una dimenticanza banale, ma per la legge antiriciclaggio ciò li mette fuori regola.
Secondo la normativa antiriciclaggio, infatti, gli assegni bancari, postali e circolari d’importo pari o superiore a 1.000 euro, devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Quindi, anche in caso di operazione assolutamente lecita (come ad esempio il pagamento di una prestazione o l’acquisto di un bene), chi emette e chi incassa l’assegno di importo pari o maggiore ad euro 1.000 e senza la clausola di non trasferibilità rischia di dover pagare salate sanzioni.
A quale sanzione si è esposti?
Un recente intervento normativo (Decreto Legge 23 ottobre 2018, n. 119) ha introdotto la concreta possibilità per i cittadini “onesti” di ottenere una sanzione proporzionale alla violazione commessa, fino ad oggi messa in discussione dall’inasprimento della cornice sanzionatoria avvenuto con il Decreto Legislativo n. 90/2017 entrato in vigore il 4 luglio 2017. Risultano, infatti, modificate le sanzioni applicabili in caso di violazione degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio in materia di assegni, ove dette violazioni siano di minore gravità e riguardino importi inferiori a 30.000 euro fissando la sanzione al 10% dell’importo trasferito, in luogo della sanzione pecuniaria introdotta con il d.lgs 90/2017, che andava da 3.000 a 50.000 euro. Tale nuova previsione è anche retroattiva, per cui può beneficiarne anche chi ha commesso l’infrazione prima dell’entrata in vigore della disciplina più favorevole.
Perché si deve pagare una sanzione se si dimentica di inserire la scritta “non trasferibile” sull’assegno?
La ratio di una simile disposizione è da rinvenirsi nel fatto che un assegno trasferibile è un titolo che, nella sostanza, è assimilabile ad un titolo al portatore, ossia pagabile a vista a colui che lo esibisce all’incasso. Ciò significa, quindi, che tale titolo è paragonabile al denaro contante che, al fine di prevenire e contrastare il riciclaggio e l’evasione fiscale, è soggetto a particolari limitazioni.
È possibile, comunque, richiedere agli istituti di credito, il rilascio di moduli di assegni in “forma libera”, ossia privi della suddetta clausola di non trasferibilità, dietro il pagamento di un’imposta di bollo pari ad 1,5 euro per assegno. L’assegno in forma libera può essere emesso, regolarmente compilato mediante l’apposizione del nome del beneficiario, soltanto per importi inferiori a 1.000 euro. Qualora, ancora oggi, si posseggano libretti di assegni rilasciati da istituti di credito anche prima del 2008 in “forma libera” e, quindi, non recanti la stampa della clausola di non trasferibilità, è possibile:
- utilizzare i moduli di assegni del libretto esclusivamente per importi inferiori a 1.000 euro, apponendovi il nominativo del beneficiario;
- utilizzare i moduli di assegni del libretto per importi pari o superiori a 1.000 euro unicamente previa apposizione, da parte del traente, all’atto di emissione dell’assegno, della dicitura “non trasferibile” e del nominativo del beneficiario.
L’argomento delle limitazioni connesse all’antiriciclaggio si completa con la regolamentazione relativa all’utilizzo del denaro contante che merita la stessa attenzione e che verrà trattata in un’altra puntata della rubrica.
– Maria De Divitiis – Area Antiriciclaggio –