Mesi fa alla richiesta di scrivere l’Editoriale di “Voce Amica” risposi inviando uno scritto suggerito dal cuore, ispirata dall’immagine sacerdotale profondamente spirituale di don Vittorio Lamattina. La pandemia bloccò la pubblicazione. Condivido con voi l’Editoriale inedito in memoria dell’amato arciprete di Caggiano.
Dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco emerge l’immagine di una Chiesa in uscita che esprime il suo dinamismo missionario attraverso un movimento attivo verso l’esterno.
«Voi uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso» (cfr. Matteo 22, 9).
È una Chiesa in grado di cogliere le necessità del nostro tempo e di annunciare il Vangelo nei luoghi feriali in cui l’uomo vive. È la Chiesa del Signore che non si stanca di cercare chi è smarrito e ricondurlo sulla strada delle benedizioni. Eppure, c’è anche una realtà ecclesiale molto forte nella spiritualità ma poco dinamica nella realtà. C’è una scrivania che all’occorrenza si trasforma in altare.
Non c’è l’Esodo verso l’altro ma l’Avvento e l’accoglienza di chi viene. Manca la forza per uscire e andare. La preghiera alimenta quei piccoli spazi di raccoglimento in cui un anziano sacerdote in pensione continua ad essere missionario nel silenzio.
Nella vita dello Spirito, non esiste un collocamento a riposo perché dopo l’ordinazione presbiterale si è sacerdoti per sempre. L’Arciprete don Vittorio Lamattina, 92 anni da poco compiuti, con pochi fedeli celebra la Messa mattutina puntando all’essenzialità. La Parola, l’Eucaristia, la Benedizione e quando viene richiesta, la confessione personale.
È l’immagine della Chiesa che accoglie, fortifica, dona pace a chi la cerca invano lontano dal Signore. È una Chiesa che non fa notizia per le opere che compie, esse sono nascoste nei percorsi di grazia dell’uomo creato da Dio, che in un giorno qualunque decide di ritornare a Lui nell’Amore. È l’amore per il Signore e l’amore per i fratelli che alimenta la dimensione missionaria di don Vittorio.
Far visita ad una persona ammalata è una pratica di misericordia corporale che invita ad uscire da sè stessi per andare incontro all’altro bisognoso di conforto e di sostegno. La visita ad un ammalato è espressione autentica di una fraternità visibile. Non occorre portare qualcosa perché il dono più grande è la presenza.
Dietro la scrivania-altare, don Vittorio accoglie tutti con un sorriso e una parola che dischiude nel cuore di chi ascolta orizzonti possibili di riconciliazione e di speranza.
Il dono della nostra presenza si trasforma in gratitudine per ciò che riceviamo. Il dare e avere nel tempo della grazia rientra nel dinamismo di una Chiesa silente. Le parole si spengono per dare posto alla Parola.
Tutto questo avviene, recuperando la dimensione del silenzio, in quel piccolo angolo di mondo, dove un anziano sacerdote non può varcare in uscita la soglia della sua casa per essere missionario sullo stile della Evangelii gaudium ma lascia aperta la porta della misericordia ai mendicanti di speranza.
– Lucia Giallorenzo –