E’ la metà degli anni ’50 quando Antonio Ungherese, giovane di San Pietro al Tanagro, si imbarca sulla motonave “Antoniotto Usodimare” per raggiungere Caracas, la capitale del Venezuela, sogno in quel periodo storico di tanti valdianesi in cerca di fortuna oltreoceano. In circa 20 anni quella terrà diventò la sua casa e gli permise di praticare anche una delle sue maggiori passioni, quella per la pittura.
Dipingeva gli scorci delle più caratteristiche località venezuelane, Antonio, richiamando sempre l’amata terra natìa lasciata in cerca di fortuna. E nel 1976 Luis Eduardo Galvis, ammiratore delle opere di Ungherese, organizzò per lui una mostra nella galleria “Armando Reveron” a Caracas, esponendo oltre 50 opere dell’artista di San Pietro al Tanagro che riscossero grande successo tra i visitatori. A varcare la soglia della galleria in quella occasione anche il Presidente della Repubblica dell’epoca, Carlos Andres Perez, con la moglie Bianca Rodriguez.
Nello stesso periodo Ungherese decise di fare ritorno in Italia e nel Vallo di Diano e a Sala Consilina continuò la sua professione di commerciante.
Oggi, a due anni dalla sua scomparsa, i figli e i familiari hanno raccolto le sue opere all’interno di un piccolo catalogo, “Cartoline dal nuovo mondo“, che verrà regalato a quanti sono curiosi di conoscere l’esperienza venezuelana di Antonio Ungherese e ammirare le sue creazioni su tela. “Abbiamo deciso di condividere con gli amici e le persone care il contenuto dell’album privato di quella mostra – dichiara il figlio, Tiziano Ungherese – uno spaccato importante ma poco noto della sua vita, per ricordarlo ancora una volta e immaginarlo di nuovo tra noi“.
Zayra Naskareños, direttrice della galleria di Caracas, attribuì alla pittura di Ungherese “una sorta di virtù accattivante, qualcosa che ci conduce in un’atmosfera dove l’oggetto si domina completamente“.
“Un artista al di fuori delle accademie – lo definì l’amico Luis Eduardo Galvis – la sensibilità artistica lo ha sempre assistito e oggi ci meraviglia con la sua arte“.
– Chiara Di Miele –