In questa rubrica si è avuta occasione di dire più volte che il Vallo di Diano, come tutte le zone attraversate da grandi vie di comunicazione (nel nostro caso, la cosiddetta “Via delle Calabrie”) non visse ai margini della storia, ma, al contrario, partecipò attivamente agli avvenimenti politici, sociali e culturali del Mezzogiorno.
Pertanto il nostro territorio può considerarsi un grande laboratorio per le ricerche storiche, da fare servendosi anche degli antichi manoscritti che riportano i resoconti dei consigli comunali o parlamenti dei secoli scorsi. E proprio dai regesti dei “Parlamenti di Diano” (Teggiano), pubblicati recentemente, è possibile ricavare notizie di prima mano su quello che fu l’origine della grave crisi economica che imperversò nelle regioni meridionali dalla fine del Cinquecento in poi, crisi che poi diede inizio alla cosiddetta questione meridionale dei secoli seguenti, di cui avvertiamo ancora oggi i contraccolpi.
Ebbene, in non pochi di questi resoconti sono riportate disposizioni del governo centrale di Napoli che ordina ai Comuni o Università meridionali di provvedere ad assistere i poveri che vanno mendicando da un paese all’altro. “E’ potuto succedere”, afferma il viceré Conte De Miranda il 22 febbraio 1592, “che molti ne siano morti, et possano morire de fame”; e perciò ordina che “li poveri siano deposti in un luogo, et ad quelli se li ministri il vitto cotidiano necessario”. Per fare questo è indispensabile che in ogni Comune si eleggano “quattro o cinque cittadini da bene, habili et attimorati de Iddio, perché retengano particolare pensiero, et exequiscano il predetto con quella carità che si ricerca”.
Lo stesso viceré torna pochi giorni dopo sull’argomento con un’altra disposizione, datata 1° marzo 1592, con la quale ordina ai Comuni di dare ai poveri “una cartella seu licenza de possere andar mendicando per li lochi predetti, non permettendo che in altro loco possa andar mendicando nessuno de li detti poveri senza la detta licenza”.
In quei frangenti non restava che raccomandarsi a qualche santo protettore, come fecero i dianesi invocando la protezione di San Cono. Nella seduta del 30 novembre 1595 il consiglio comunale di Diano, avendo saputo che la Cappella del Santo, situata nella chiesa di Santa Maria Maggiore, “sta senza lampa accesa”, delibera di donare ad essa un pezzo di terra comune della difesa Piaggio, “et quello piantarlo, a nome di detto Santo, d’olive et con el frutto delle quali olive se possa in perpetuo mantenere detta lampa accesa”.
– Arturo Didier –
FONTE: A. Didier – P. Carrano, “I Parlamenti di Diano” (1582-1596), Giannini Editore, Napoli 2016