Nun mi sentu hoj ri vena,
ca la trippa nun jè chiena;
ccu miseria e picundria
che bbuò scrivi’ mpuisia?
Nci vulera l’alligria,
“Muscatieddu” e “Malvasia”;
e nci vulerani muneti
chi nun hani li pueti…
Così scriveva il poeta dialettale di origine teggianese, Rosario Antonio Lo Prete, nel suo poemetto intitolato “Chiachiorfa” (nel senso di bazzecola, cosa da niente), pubblicato a Napoli nel 1874 e nel quale, in tono canzonatorio, prendeva garbatamente in giro non solo personaggi e situazioni della storia generale (Cicerone, Cristoforo Colombo, la scoperta dell’America), ma anche se stesso e specialmente la popolazione teggianese, che, a suo dire, era facile alla maldicenza, alla spavalderia e al litigio:
“Vogliu rici’ ca a Dianu
haia sta ccu la spata mmanu.
Oh! Vrigogna ri sta terra,
picché stamu sempu nguerra!
In questo periodo postunitario la situazione di Teggiano, come del resto quella di tutti i piccoli centri del Mezzogiorno, era particolarmente difficile, soprattutto dal punto di vista economico. L’Amministrazione comunale era assillata da gravi problemi, come, ad esempio, l’emigrazione, i lavori pubblici, la mancanza di lavoro per i braccianti agricoli, terre da bonificare, l’accidentalità dei percorsi viari, l’assistenza ai poveri, la sistemazione dei trovatelli che venivano lasciati nottetempo alla Ruota Comunale. C’era poi il funzionamento della scuola elementare, che comportava non solo l’allestimento delle strutture (edificio scolastico, aule), ma anche il pagamento degli stipendi agli insegnanti. Certamente a Teggiano la percentuale degli analfabeti non era quella del 90% che si registrava per il Distretto di Sala Consilina, avendo il paese una borghesia culturalmente evoluta, il Seminario, il Vescovo, ed un nutrito numero di canonici e parroci che influivano positivamente sulle condizioni culturali della comunità locale.
– Arturo Didier –
FONTE: A. Didier – P. Carrano, “I Parlamenti di Diano” (1652-1698)