Nella seconda metà dell’Ottocento il francese Francois Lenormant, grande studioso del mondo antico, trovandosi ad attraversare il Vallo di Diano fece una sosta a Sala e guardando il colle di Teggiano che gli stava di fronte disse a quelli del suo seguito (viaggiava con un codazzo di sindaci e parlamentari del Mezzogiorno) che “Teggiano e Sala rappresentavano i due poteri che si dividono il mondo: il potere religioso e il potere laico” e cioè la potenza spirituale della Chiesa da una parte e l’indipendenza della società civile dall’altra.
Il che voleva dire che Teggiano, sede di Diocesi, con un numeroso clero, con un Seminario, con tante chiese e con il concittadino San Cono, rappresentava il preponderante retaggio spirituale; viceversa Sala, sede di un tribunale e con la presenza di avvocati e di forestieri che venivano in paese a sbrigare le loro faccende, attestava il prevalere della società civile.
Questo giudizio del Lenormant potrà sembrare una battuta di spirito ma in realtà non lo era, anzi era una osservazione acuta e calzante che non era stata mai fatta nella storia del Vallo, una osservazione che denotava la conoscenza di un metodo storico di altissimo livello che esaminava uomini e cose senza pregiudizi, senza partigianeria, senza tornaconti politici, come invece si fa oggi, in cui il populismo imperante è alla ricerca di un avversario da distruggere e crede di essere sempre in campagna elettorale.
Lo studioso francese si trovò a Sala nel 1882 e l’anno dopo inseriva questa sua riflessione sulle due città vallive nel suo libro “A travers l’Apulie et la Lucanie” (Paris, 1883), precisamente nel capitolo intitolato “Sala et Diano”.
Naturalmente questa riflessione del Lenormant proveniva direttamente dal suo essere figlio della rivoluzione francese avutasi circa un secolo prima, dalla quale erano scaturiti due partiti politici contrapposti, quello dei conservatori dello status quo e quello degli innovatori che mirava alla emancipazione dell’uomo. Di qui la grande sensibilità per l’orientamento ideologico e per i problemi della società civile del grande studioso di antichistica.
Il fatto strano è che un libro di tal genere che ha un fascino particolare nella descrizione di una buona parte dell’Italia meridionale e che si inserisce pienamente nel solco delle famose descrizioni dei viaggiatori stranieri, capostipite delle quali è il bellissimo “Viaggio in Italia” (1787-1788) di Johann Wolfgang Goethe, questo libro del Lenormant, a quanto risulta, non è stato mai tradotto e pubblicato in italiano. Sarebbe ora che una grande casa editrice si accingesse a questa nobile impresa, che potrebbe avere anche un notevole risvolto commerciale.
Purtroppo in questo nefasto periodo culturale il linguaggio mediatico ha messo in crisi il prodotto cartaceo, per cui si vendono pochi libri. Le case editrici sono in balìa dell’agente che cura la distribuzione nelle librerie, il quale punta a diffondere soprattutto quei libri che appaiono pubblicizzati in televisione, ad esempio nella trasmissione settimanale “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.
– Arturo Didier –
FONTE: F. Lenormant, “A travers l’Apulie et la Lucanie”, Pari