Quando non ci sono telecamere che lo inquadrano, il critico d’arte Vittorio Sgarbi è tra le persone più amabili che si possano incontrare: studioso dell’arte di tutti i tempi, brillante conversatore in un italiano perfetto e fascinoso, sorridente, insomma esattamente il contrario delle sue sfuriate televisive. Ed è così che ci apparve una sera d’estate in visita a Teggiano, accompagnato da due carabinieri in borghese che costituivano la sua scorta per il ruolo istituzionale che ricopriva in qualità di Presidente della Commissione Cultura in seno alla Camera dei Deputati. Proveniente da un viaggio in Sicilia, egli giunse a Teggiano verso le 22.00 e fu accolto dal sindaco Giffoni, dal Vescovo Schettino e da un folto gruppo di cittadini che lo accompagnarono in giro per le chiese ed i musei del centro storico, tutti aperti per tale piacevole occasione.
Incaricato dal sindaco, io svolsi il compito di cicerone, illustrandogli con rapidi cenni le più importanti opere d’arte che attestavano la presenza, nell’antica cittadina, di tutte le culture artistiche attecchite dall’epoca romana alla fine del Settecento. A lui dissi che Teggiano costituiva un modello esemplare del patrimonio artistico del Vallo di Diano e del Cilento, patrimonio radicato capillarmente in tutta la suddetta area, come attestava una recente grande Mostra organizzata dalla Soprintendenza di Salerno sul tema “Il Cilento ritrovato”, che riguardava il recupero delle opere d’arte di tale comprensorio. A questo punto Sgarbi mi disse, sorprendendomi non poco, che possedeva il Catalogo di quella Mostra, nel quale aveva potuto leggere un mio scritto sulla società del Cilento e del Vallo di Diano nei secoli XV e XVI.
Completato il giro, noi e Sgarbi accompagnammo il vescovo fino all’ingresso dell’Episcopio e poi ci recammo, un gruppo ristretto, a cena in un piccolo ristorante del centro storico, dove era stata prepararata qualche pietanza della cucina tradizionale. Qui Sgarbi espresse la sua ammirazione per il tracciato viario antico del paese e per la dovizia di opere di architettura, scultura e pittura esistenti in un’area così ristretta.
Qualcuno dei presenti gli chiese, forse maliziosamente, cosa lui pensasse del funzionamento della giustizia in Italia. E lui rispose che non si poteva andare avanti con il continuo imperversare degli avvisi di garanzia. Ridendo, disse ad alta voce: “Siamo tutti inquisiti!”.
S’era fatta l’una di notte quando Sgarbi si alzò dalla tavola e con noi percorse la piazza del paese, fino a giungere al largo Portello, dove era parcheggiata la sua macchina. Lo invitammo ad ammirare, prima di partire, il suggestivo panorama della valle sottostante, chiusa tra i monti del Cilento e dell’Appennino Campano, splendente sotto un plenilunio che faceva intravedere una miriade di case disseminate per la campagna, al centro della quale brillava il nastro d’argento rettilineo del fiume Tanagro. “Meraviglioso! – disse – Questo paese è bello anche di notte…”. Una calorosa stretta di mano a tutti noi e Sgarbi e la sua scorta partirono per il ritorno a Roma.
Qualche mese dopo leggemmo una intervista fatta a Sgarbi su un notissimo quotidiano, nella quale gli si chiedeva quali fossero le sue strategie per la diffusione della cultura sul territorio nazionale. Lui rispose che per incidere positivamente su questo punto egli stava compiendo un giro per l’Italia per conoscere meglio le potenzialità culturali delle varie zone. E continuò dicendo che ultimamente era stato a Teggiano, un borgo medievale che è forse il più interessante fra tutti quelli esistenti nella provincia di Salerno.
Va detto che questo giudizio di Sgarbi su Teggiano è stato da lui ripetuto recentemente, nell’agosto 2013, quando, intervistato da una emittente di Sapri sulle bellezze del Cilento e del Vallo di Diano, dichiarò, tra l’altro: “Ho visto Teggiano, le chiese ed il Castello, ho visto le bellezze naturali del posto, che ho trovato davvero uniche”.
– Arturo Didier –