Come viveva e quali problemi avesse un piccolo centro del Vallo di Diano alla fine del ‘600 è possibile saperlo da una relazione di carattere economico compilata da due funzionari della Regia Camera di Napoli inviati in missione a San Rufo alla fine del 1698.
Essi approntano, in pochi giorni di permanenza nel suddetto paese, un “apprezzo”, cioè un resoconto delle entrate e delle uscite dell’Amministrazione Comunale, al fine di stabilire se era in regola o meno il contributo annuo che San Rufo versava al governo centrale. Ma va detto che non si trattava soltanto di una relazione di carattere economico, poiché in essa si davano anche notizie su non pochi aspetti del centro sanrufese.
Si apprende così che San Rufo ha circa 800 abitanti, la maggior parte dei quali è formata da poveri braccianti, contadini e pastori che coltivano le terre e allevano gli animali posseduti dai signori. Le donne, oltre alle faccende domestiche, lavorano non meno degli uomini, a coltivare l’orto vicino alla casa, a tessere e a cucire, In paese poi vi sono gli artigiani e precisamente “due scarpari, quattro cositori, quattro mastri d’ascia, uno ferraro, uno barbiere”. Non mancano alcuni professionisti: un medico, un dottore in legge e un giudice a contratti.
Venendo ad altri aspetti, la giustizia civile è amministrata dal signor Michele Parisi, barone di San Rufo, mentre quella criminale è esercitata dalla Corte Ducale di Diano (Teggiano). L’Amministrazione comunale è formata dal Sindaco e da quattro consiglieri, coadiuvati da un cancelliere o notaio: tutti eletti nel pubblico parlamento. Il gettito dell’esazione fiscale è di circa 700 ducati, che servono per le spese correnti e per pagare il contributo dovuto alla Regia Cassa. L’economia è basata essenzialmente sull’agricoltura, con la produzione di grano, orzo e lino.
La vita religiosa dei sanrufesi ruota intorno alla Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore, che è officiata da nove sacerdoti e cinque chierici.
Ma c’è un ultimo aspetto di San Rufo nel ‘600 che pone il paese culturalmente al livello degli altri centri più importanti del Vallo. Nel 1662 un arciprete locale, Paolo Eterni, scrive e pubblica una “Descrizione della Valle di Diana, e Castelle ivi poste e loro Signori”, che costituisce la prima biografia sul Vallo e il cui manoscritto, pubblicato da Vittorio Bracco nel 1982, è conservato nell’Archivio Carrano di Teggiano.
– Arturo Didier –
FONTE: Didier, “Diano, città antica e nobile”, Teggiano 1997