Che il grande umanista Pomponio Leto fosse nato a Diano (oggi Teggiano) nel 1428 non c’erano dubbi, perché si conosceva il testo dell’orazione funebre pronunciata da un suo allievo, Pietro Marso, il quale aveva detto e scritto che Pomponio “natus est in Dianum oppidum Lucaniae”. Ma il disappunto era, per noi storici locali, la mancanza di qualsiasi citazione sull’illustre valdianese nelle opere degli scrittori locali dal Seicento alla fine dell’Ottocento. Eppure era noto che il Leto fosse figlio naturale di Roberto Sanseverino conte di Marsico e Signore di Diano, e che per questa sua condizione era stato allontanato, o se n’era volontariamente andato, da Diano.
Finalmente è apparsa una notizia, appresa proprio in questi giorni, dalla consultazione di un libro stampato a Napoli nel 1876, libro che tratta delle famiglie nobili del Regno di Napoli, e che parla della dianese famiglia D’Alitto, di origine normanna, famiglia che, è detto testualmente, “fu detta prima di Leto”, per il possesso di un feudo di tal nome. Dunque, Pomponio Leto significa Pomponio D’Alitto. Ora è chiaro che la mamma del futuro umanista non fu, come si credeva, una donna del popolo, ma una nobildonna proveniente dalla suddetta famiglia e amante del conte Roberto Sanseverino. Dunque, la cosa sorprendente è che Pomponio, nonostante fosse figlio illegittimo, rivendicò orgogliosamente la sua origine, al punto da accettare e portare il nome del suo casato.
Casato illustre, bisogna dire, imparentato nel Rinascimento con altre famiglie illustri del Vallo, come quella dei Carrano di Diano, nel cui famoso Archivio è conservato un documento che attesta un matrimonio, avvenuto nel 1408, tra un Giovanni D’Alitto e Porzia Carrano.
Va detto che alcuni discendenti di Pomponio, precisamente Bernardino e Biagio D’Alitto, parteciparono alla famosa Congiura dei Baroni contro il re Ferdinando I d’Aragona, e che per questo furono poi privati dei loro feudi dallo stesso re dopo il fallimento della suddetta Congiura. E va detto anche che sui D’Alitto e sui Carrano esiste una sterminata bibliografia che attesta la partecipazione attiva e determinante dei rappresentanti di questi due ceppi nobiliari alle vicende storiche del Vallo di Diano e del Mezzogiorno in genere. Un grande manoscritto dell’Archivio Carrano, che riporta i verbali del Consiglio Comunale, detto allora Università (nel senso di “Universitas civium”) per il periodo 1652-1698, verbali che saranno pubblicati nel libro “I Parlamenti di Diano”, a cura di Arturo Didier e Paolo Carrano, documenta, tra l’altro, il ruolo direttivo svolto dalla famiglia D’Alitto in seno alla comunità dianese in quella terribile seconda metà del Seicento, quando divampò la terribile peste del 1656 che dimezzò la popolazione dei paesi del Vallo.
A Teggiano esiste naturalmente il monumentale Palazzo D’Alitto, corredato da uno splendido giardino sopraelevato alla strada, situato di fronte all’edificio dell’ex Monastero delle Donne Monache di San Benedetto, nella discesa omonima. E l’onnicomprensivo Istituto scolastico di Teggiano, comprendente ben quattro Licei, è intitolato a Pomponio Leto.
Che dire di più? È certamente interessante notare come la storia locale del Vallo di Diano spesso si eleva a storia nazionale ed universale, come abbiamo visto in questa scheda, che è anch’essa un caso eccezionale, perché affida ad una sia pure importante emittente locale, “Ondanews”, una notizia che invece dovrebbe essere diffusa nelle aule universitarie. Il fatto è che le vie della cultura sono infinite, come le vie del Signore.
– Arturo Didier – Paolo Carrano –
FONTE: BERNARDO CADIDA CONZAGA, Memorie delle famiglie nobili delle Province Meridionali, Napoli 1876, p. 3