La storia del Vallo di Diano non finisce mai di sorprendere. E’ stato ristampato proprio in questi giorni un classico della poesia dialettale del Mezzogiorno, “La storia ri Santu Conu” scritta nella seconda metà dell’Ottocento da Nicola Marmo, sanrufese, ma figlio anche di una nobildonna teggianese, Teresa Celio, per cui il nostro poeta alternava la sua residenza tra San Rufo e Teggiano. Letterato, improvvisatore di versi nel corso di piacevoli serate trascorse con gli amici, fondatore e direttore di un giornale, il “Don Paolino”, che accolse prose e poesie anche degli altri scrittori valdianesi suoi contemporanei, il Marmo fu uno dei maggiori animatori culturali del nostro territorio.
La suddetta “Storia ri Santu Conu”, pubblicata nel 1887, è da circa un secolo e mezzo patrimonio della tradizione orale di Teggiano, tant’è che ogni teggianese conosce a memoria almeno i mitici versi iniziali del poemetto (Setticient’anni arretu, o pocu minu/ nascìu nu zurieddu nta Rianu/ ccu la vuccuzza com’a lu Bamminu/ ch’ia mbrazza a la Madonna ri Viggianu). Ora, è inutile storcere il naso quando si tratta di poesia dialettale. Fu Benedetto Croce, nel 1903, ad affermare, a proposito della produzione dialettale di Salvatore Di Giacomo (dalla quale derivarono famosissime canzoni napoletane), che quest’ultimo fu un grande poeta e basta. E lo stesso si può dire di Nicola Marmo, il quale peraltro fu un anticipatore della poesia dialettale napoletana che parla scherzosamente dei Santi, come accade, ad esempio, nel poemetto “Mparaviso” di Ferdinando Russo, stampato nel 1892.
Il poemetto del Marmo è stato ristampato innumerevoli volte da piccole tipografie locali. Ad esso sono state affiancate giustamente altre due poesie dello stesso autore, sempre dedicate a San Cono, e intitolate rispettivamente “La rispenza” e “Roppu la festa”. Anni fa il professore Pasquale Spinelli, pronipote del Marmo, raggruppò scherzosamente i tre poemetti sotto il titolo di Teggianeide.
Va detto che l’attualità della “Storia ri Santu Conu” è data dal fatto che, nonostante il mutamento dei tempi e l’avvento della cultura moderna, il dialetto è sempre vivo e fiorente in gran parte della società valdianese, sebbene in forme linguistiche aggiornate, non più arcaiche.
In conclusione, bene ha fatto il Comitato Feste di San Cono a ristampare la “Storia ri Santu Conu”, dando così un fondamentale contributo per il mantenimento della tradizione religiosa e, al tempo stesso, del patrimonio dialettale locale
– Arturo Didier –
FONTE: A. DIDIER, La letteratura dialettale di Teggiano, Laveglia-Carlone Editore, Salerno 2008, pp. 23-49