Uno dei periodi più tragici della storia del Mezzogiorno fu quello della metà del Seicento, quando giunse al suo culmine la crisi economica che era iniziata alla fine del secolo precedente. La povertà e la congiunta lotta per la sussistenza causavano lo scatenarsi della violenza in seno ai meno abbienti del tessuto sociale, molti dei quali vagavano per i centri abitati per procurarsi del cibo a qualsiasi costo. Di qui la necessità di disporre un controllo dei forestieri che si presentavano alle porte dei suddetti centri.
Un verbale di una seduta del consiglio comunale di Diano (Teggiano), proveniente da un manoscritto conservato nell’Archivio Carrano di Teggiano, consente di conoscere i mezzi usati dai dianesi per il controllo dei forestieri che volevano entrare in città. Da tale documento si apprende che il giorno 15 gennaio 1656 si riuniscono in Pubblico Parlamento gli amministratori (il Sindaco e quattro Eletti) e i cittadini per una deliberazione da prendere in seguito ad un ordine regio pervenuto alla comunità.
Unanimemente il Parlamento decide che d’ora in poi tutti coloro che vogliono entrare in Diano devono avere un permesso scritto firmato da uno dei componenti di una Commissione nominata a tale scopo dal Comune. Pertanto seduta stante si nomina tale Commissione formata dai magnifici Michelangelo de Costanzo, Giuseppe Caporale, Michele Helio, il tenente Giovan Battista Schifelli, il professo in legge Annibale d’Alitto, il medico Diego Colletti e il notaio Lorenzo Zotti, ciascuno dei quali, a turno, ogni giorno, sarà chiamato a casa da uno dei guardiani delle tre porte del paese per incontrare ed esaminare chiunque voglia entrare in città. Se il giudizio è positivo egli rilascerà al nuovo venuto il prescritto permesso scritto debitamente firmato. Ma c’è di più: anche per uscire da Diano ci vorrà il permesso scritto, sempre firmato da uno dei componenti della suddetta Commissione nominata dal Comune.
Si nota qui il ruolo direttivo svolto dai notabili del paese, i quali agiscono in seno al Comune, un ente che costituisce, assieme alla Monarchia e alla Nobiltà, una delle tre forze storiche della società meridionale. E si conferma a pieno la tesi sostenuta da Benedetto Croce, secondo cui la storia del Mezzogiorno fu fatta da una minoranza di gente eletta che aveva a cuore il benessere della comunità e il mantenimento delle tradizioni culturali e religiose.
Certo, si può non essere d’accordo sulle buone intenzioni di questa classe borghese, obbiettando che essa esercitava anche un potere economico e culturale oppressivo sul popolo. Ma non è così, perché tutto si svolgeva secondo le relative condizioni storiche, nel nostro caso secondo la vita sociale del Seicento. La rivoluzione francese, con la sua proclamazione dei diritti del popolo, era ancora una cosa di là a venire. E sarebbe certamente un errore giudicare questo ruolo dei notabili dianesi di quel tempo con i criteri di giudizio di oggi.
– Arturo Didier –
FONTE: A. Didier – P. Carrano, “I Parlamenti di Diano” (1652-1698), Giannini Editore, Napoli (in corso di pubblicazione)