E’ stata pubblicata la Relazione semestrale della DIA presentata dal Ministro dell’interno e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del II semestre del 2021. L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma, ancora una volta, che il modello ispiratore delle diverse organizzazioni criminali di tipo mafioso appare sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria. Una direttrice d’azione importantissima che ha consentito sino ad ora di ridurre drasticamente la capacità criminale delle mafie evitando effetti che altrimenti sarebbero stati disastrosi per il “sistema Paese”.
La Relazione di quest’ultimo semestre descrive i profili evolutivi delle organizzazioni di tipo mafioso e di matrice etnica soffermandosi sui rispettivi modus operandi e avendo riguardo alle differenti capacità in ordine alla infiltrazione nell’economia legale e al turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica. Tale quadro, pertanto, impone di continuare nella lotta contro la criminalità organizzata con particolare attenzione all’aggressione dei beni illecitamente accumulati dalle mafie mediante gli strumenti dei sequestri penali e di prevenzione.
Su questo fronte, la portata dei provvedimenti di prevenzione eseguiti nel semestre in esame testimonia l’attenzione verso il settore della Direzione Investigativa Antimafia che orienta le sue attività per proteggere il tessuto economico del Paese dalle ingerenze della criminalità organizzata.
La Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2021 presentata dalla Presidente della Corte di Appello di Salerno, Iside Russo, il 22 gennaio 2022 pone in primo piano l’interesse delle organizzazioni criminali verso “le prospettive di espansione legate all’emergenza sanitaria, cercando di consolidare la loro presenza sul territorio mediante l’elargizione di prestiti di denaro a titolari di attività commerciali in difficoltà, allo scopo di ‘fagocitare’ le imprese, facendone uno strumento per il riciclaggio ed il reimpiego di capitali illeciti”.
Alcune specifiche riflessioni che richiamano i passaggi più significativi della Relazione del Procuratore di Salerno, Giuseppe Borrelli, hanno riguardato la difficoltà di pervenire ad un’organica interpretazione dei fenomeni di criminalità organizzata e al necessario inquadramento dei singoli episodi delittuosi, specie dei cosiddetti reati-spia, che non possono essere valutati quali forme delinquenziali puntiformi ma devono essere più ampiamente contestualizzati.
Nel Salernitano lo scenario criminale è fortemente condizionato dalle eterogenee connotazioni economico–sociali nei diversi ambiti geografici quali la città capoluogo di provincia, l’Agro Nocerino-Sarnese, la Valle dell’Irno, la Costiera Amalfitana, la Piana del Sele, il Cilento ed infine il Vallo di Diano. Difficoltà incrementata dai processi evolutivi del fenomeno mafioso verso forme più subdole di penetrazione del tessuto economico-imprenditoriale che “prescindono completamente dall’uso della violenza e della minaccia” e sono fondate “sulla capacità di condizionamento della pubblica amministrazione e della classe politica, sulla cui selezione le vecchie reti di potere camorristico restano in condizioni di incidere significativamente”. In tal senso “uno dei settori maggiormente esposti alle infiltrazioni criminali è quello degli appalti, ambito nel quale, di frequente, si saldano condotte illecite di soggetti mafiosi, amministratori e dipendenti degli Enti che bandiscono le gare”.
Il Procuratore Borrelli ha posto poi l’accento su alcune criticità nell’attività di contrasto per aree molto sensibili quali il Cilento, “territorio di reinvestimento di profitti da parte di organizzazioni mafiose di varia natura, derivante dalla inesistenza di informazioni provenienti da quel territorio sul quale, inoltre, la distanza chilometrica dalla città di Salerno rende complesso, se non addirittura impossibile, delegare investigazioni, specie con attività tecniche. Infatti, la distribuzione delle forze di polizia giudiziaria sul territorio risulta completamente irrazionale. Basti pensare, in proposito, che l’ultimo commissariato di Polizia di Stato è localizzato a Battipaglia ed il successivo a Sapri, ovvero ad una distanza di circa 130 km”.
Nella provincia è confermata la presenza di una pluralità di sodalizi ciascuno con un proprio ambito territoriale di influenza e con un largo grado di autonomia sia nelle attività criminali sia nelle alleanze criminali con i clan napoletani e casertani. Nella città di Salerno continuano le attività di contrasto a carico del clan D’Agostino. In particolare la DIA il 4 novembre 2021 ha eseguito una misura cautelare personale nei confronti di alcuni imprenditori e professionisti che concedevano prestiti di denaro a persone in stato di bisogno dalle quali pretendevano con atti di intimidazione la restituzione di somme ingigantite da tassi d’interesse in alcuni casi oscillanti tra il 300 ed il 514% annuo. Ad alcuni degli indagati, poi, è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso. Numerosi arresti e sequestri sono stati poi eseguiti nel capoluogo a carico degli elementi di gruppi criminali minori che gestiscono prevalentemente il mercato degli stupefacenti e risultano composti in qualche caso da pregiudicati scarcerati dopo lunghi periodi di detenzione ma soprattutto da giovani leve in ascesa. In particolare nell’ambito dell’operazione “Porta a porta”, il 14 settembre 2021, i Carabinieri hanno eseguito una misura restrittiva a carico degli elementi di un sodalizio criminale autodenominatosi “I guaglioni di via Irno” dedito al traffico di eroina, cocaina e crack mediante un sistema di “centralinisti” con utenze fittizie dalle quali erano fissati gli appuntamenti per la cessione di stupefacenti. Il porto commerciale “Manfredi” di Salerno sembra aver assunto un rilievo sempre più centrale nei traffici illegali internazionali in quanto “nodo finale” dei trasporti intercontinentali di sostanze stupefacenti.
Nel Cilento la situazione appare preoccupante. Ad Agropoli la famiglia di nomadi stanziali Marotta è dedita per lo più ai reati di tipo predatorio, all’usura, al traffico di stupefacenti e al riciclaggio. A Battipaglia il clan Pecoraro-Renna vive un momento di particolare fervore operativo attraverso le “nuove leve” i cui compiti prioritari sono al momento quello di acquisire risorse per mantenere le famiglie degli associati in carcere e quello di proseguire negli affari illeciti in cui lo stesso clan è storicamente coinvolto cioè traffico di stupefacenti, estorsioni, riciclaggio al fine di riaffermare la propria leadership criminale nella zona.
Sul territorio del Vallo di Diano, compreso tra le province di Salerno e di Potenza, la presenza della criminalità mafiosa campana e pugliese era già emersa nel contesto investigativo delle indagini “Febbre oro nero” e “Shamar” dell’aprile 2021. Con riferimento al semestre in esame nella stessa area valdianese è stata tratteggiata l’esistenza e l’operatività di un sodalizio criminale nel settore degli stupefacenti in particolare marijuana, hashish e cocaina. Le indagini hanno consentito di monitorare l’operatività dell’organizzazione, il suo modus operandi, nonché i canali di approvvigionamento, i luoghi di stoccaggio e le fasi di acquisto e vendita della droga. Sempre nello specifico settore illecito rilevano i riscontri investigativi dell’operazione “Big Brother” condotta il 28 settembre 2021 dai Carabinieri e che ha evidenziato la consolidata struttura di un’organizzazione criminale operante nei comuni del Vallo di Diano e in alcune località della provincia di Potenza, tra Satriano di Lucania e Sant’Angelo le Fratte. Nell’ambito dello stesso filone d’indagine si è proceduto ad eseguire il decreto di fermo emesso dalla D.D.A. di Potenza nei confronti di un altro sodalizio criminale collegato al primo e formato da giovani pusher residenti in gran parte nel comune di Sala Consilina.
Ancora in provincia di Potenza, ugualmente allarmante è il quadro di situazione nella zona di Lagonegro che rappresenterebbe l’unico territorio in cui la criminalità autoctona si sarebbe sostanzialmente ritirata cedendo il passo ad un’organizzazione proveniente da un’altra regione vale a dire il clan ‘ndranghetista dei Muto di Cetraro, in provincia di Cosenza. L’area infatti sarebbe ora divenuta rotta obbligatoria per il transito di droga e di armi da parte di organizzazioni criminali calabresi e campane.