Obesità e sovrappeso mettono a rischio i pazienti contagiati dal Sars-Cov-2. E’ quanto emerso dallo studio condotto dal Centro di Chirurgia Bariatrica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma, in collaborazione con i Centri di Piacenza, Reggio Emilia, Modena e Bologna. E’ stato pubblicato sull’importante rivista di settore “Obesity Surgery” ed ha coinvolto 600 pazienti colpiti dal virus, confrontando quelli operati con chirurgia bariatrica per il trattamento dell’obesità negli ultimi 12 mesi con quelli in lista di attesa per l’intervento.
Ne abbiamo parlato con il professor Federico Marchesi, primo firmatario dello studio, Responsabile per le patologie chirurgiche delle prime vie digerenti presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma e Professore associato presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Parma.
- Professore, da cosa trae spunto lo studio e in cosa consiste?
Nel momento di massima pressione, tra marzo e aprile scorsi, la nostra attività di Chirurgia bariatrica è stata chiusa e quindi ci siamo chiesti quanto questa chiusura per certi versi fosse controproducente. Abbiamo ragionato su un’evidenza empirica, cioè il fatto che un paziente obeso con un virus respiratorio potesse essere più vulnerabile, sia perchè ha una meccanica respiratoria deficitaria sia per la tendenza metabolica a rendere i fenomeni infiammatori più gravi. Volevamo capire se e quanto il Covid potesse dare sintomi ed esiti peggiori nei pazienti obesi, ragionando sulla nostra popolazione di studio che è formata da persone che si sottopongono a chirurgia bariatrica, con un’obesità importante (affetti da obesità di grado 3 o grave). D’accordo con altri Centri dell’Emilia Romagna, abbiamo confrontato i sintomi da Covid nei pazienti che avevamo già operato da almeno un anno, con miglioramento quindi della loro obesità, con quelli ancora in lista di attesa. Abbiamo visto attraverso i numeri che il decorso clinico dei pazienti ancora obesi è stato più lungo e i sintomi sono stati molto più evidenti, l’ospedalizzazione è stata ricorrente.
- Lo studio ha permesso di far riscontrare un significativo tasso di mortalità tra i pazienti obesi?
La mortalità del Covid, in generale, fortunatamente non è altissima, così come la sua incidenza. Su 600 pazienti abbiamo avuto 2 morti, ma è un numero troppo piccolo per poter parlare di evidenza. Se avessimo fatto uno studio su 6000 pazienti probabilmente avremmo avuto un’evidenza valida anche sul tasso di mortalità.
- Nonostante lo studio sia incentrato sulle conseguenze causate da obesità grave, potrebbe azzardare l’ipotesi che anche una condizione di sovrappeso possa influire negativamente nei pazienti affetti da Covid?
Dipende da diversi fattori. Magari una condizione di sovrappeso in un paziente giovane e sano non comporta particolari rischi, ma in un paziente fragile sì. E’ chiaro che l’obesità causa una serie di complicanze gravi e, a cascata, anche il sovrappeso può dare problemi. Ma c’è differenza tra sovrappeso e obesità: un sovrappeso semplice non dà grossi problemi, ma se l’indice di massa corporea si avvicina ai 30 e si associa a fattori di rischio come diabete e ipertensione è quasi sicuro che anche nei pazienti positivi possa essere rischioso. Da sottolineare, però, che non bisogna esagerare nel senso opposto, dato che in molte patologie la categoria più a rischio è quella dei sottopeso.
- Durante il lockdown totale le attività di Chirurgia bariatrica, così come tante altre, è stata sospesa. Ritiene sia stata una scelta giusta o meno aver bloccato simili interventi chirurgici che, se effettuati, avrebbero migliorato le condizioni di alcuni pazienti anche nel rapporto con il virus?
Nel momento di massima crisi non è stata una scelta strategica ma obbligata, purtroppo. E’ diverso il concetto strategico nel momento di uscita dalla pandemia. Se dovessimo fare scelte più razionali e senza pressione, bisogna tener presente che anche quella bariatrica è una chirurgia che ha un valore protettivo. Un suo vecchio vulnus è che da molti, ma erroneamente, è considerata una chirurgia estetica. Bisogna invece sapere che in molti casi è salvavita, perchè ci sono pazienti talmente obesi, con 70 di BMI e che non respirano, che hanno necessità di essere operati. In molti altri casi è una chirurgia preventiva, perchè mediamente allunga di 14 anni la vita di un uomo che supera i 40 di BMI. Può, quindi, dare vantaggi a lungo termine non solo nelle patologie classiche, ma anche nelle pandemie o banalmente nell’influenza o nella polmonite.
– Chiara Di Miele –