Qual è il rapporto tra il Coronavirus, il caldo e l’estate? E’ uno dei temi che interessa di più l’opinione pubblica. Mentre sono in arrivo le belle giornate e di andare in vacanza sembra proprio non doversene parlare, abbiamo parlato del tema con il dottor Bruno Masino, docente di Epidemiologia, Igiene e problemi prioritari di salute, già Direttore Sanitario dell’ospedale di Villa d’Agri.
- Dott. Masino, quali sono i rapporti tra il virus Sars-Cov-2 e il clima?
La questione relativa al ruolo delle condizioni climatiche nella diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2 è molto controversa. La verità è che si tratta di un virus nuovo e sono necessari diversi studi e, soprattutto, sedimentazione dei loro risultati per poter giungere a conclusioni valide con riferimento a questo rapporto così come a tante altre affermazioni che quotidianamente ascoltiamo. In merito alla relazione alte temperature e diffusione del Coronavirus, occorre affermare che gli studi sino ad ora condotti sono contrastanti e non conclusivi. In proposito uno studio della John Hopkins University ha evidenziato come il maggior numero di casi di infezioni si sia verificato in regioni mondiali con temperature più basse. A tali conclusioni sono giunti anche ricercatori di altre nazioni. Come accade per molti studi sul virus in questa fase, purtroppo non ottengono la revisione scientifica per cui la loro validità è molto limitata.
- Il clima più caldo potrà avere effetti positivi contro il virus, come sostenuto da alcuni?
Il Sars-Cov-2, analogamente ad altri microrganismi che mostrano similitudini epidemiologiche, come alcuni altri coronavirus, i virus influenzali e parainfluenzali ad esempio, sicuramente mostra una maggiore contagiosità nei mesi freddi. Tale condizione non è legata, per così dire, a fattori intrinseci al virus ma piuttosto ai comportamenti che ne favoriscono la diffusione. Nei mesi più freddi vi sono, infatti, condizioni di maggiore promiscuità condividendo luoghi chiusi e per tale ragione con maggiori e più ravvicinate occasioni di contatto. Inoltre, le basse temperature riducono anche le capacità di difesa aspecifiche delle prime vie aeree. Entrambe le condizioni descritte sicuramente giocano un ruolo importante per questa infezione come per altre analoghe. Ma veniamo al rapporto con le temperature più elevate dei mesi che verranno. In proposito direi di basarci sulle informazioni certe e scientificamente corrette, sia riferite al virus nello specifico, sia relative ad esperienze simili e consolidate. Vorrei che fosse chiaro, in primo luogo, che il virus così come tutti i patogeni umani trovano le condizioni migliori per la loro proliferazione ed azione patogena a temperature relativamente elevate. Basti pensare alle temperature del corpo umano. Alle temperature tra i 30 e 37 gradi centigradi trovano le condizioni ottimali. Quindi, affermazioni che con il caldo il virus non sopravviverà non sono del tutto corrette. Il virus continuerà a circolare e, pertanto, occorrerà mantenere alta l’attenzione. Alcuni fattori associati alle condizioni climatiche come le temperature più elevate possono però incidere positivamente nella diffusione dell’infezione.
- Quali sarebbero questi fattori?
Proviamo ad analizzarli. Con le temperature più elevate sicuramente migliorano le capacità di difesa aspecifiche delle prime vie aeree che possono così ridurre il rischio di trasmissione, anche se in maniera sicuramente non rilevante. Inoltre, sarà favorita la vita all’aria aperta che, così come per l’influenza, ridurrà le occasioni di contagio come già descritto innanzi, tenendo presente che in questa fase occorreranno comunque il distanziamento fisico e l’uso delle mascherine, oltre al lavaggio delle mani. Il caldo potrebbe avere un effetto positivo per quella che è la modalità di trasmissione indiretta del virus che si verifica quando vengono contaminati oggetti e superfici con tosse, starnuti o parlando. In questo caso l’azione positiva sarebbe svolta dalla luce solare che, nella sua componente ultravioletta ha un’azione disinfettante. Ma questa proprietà è nota da tempo ed ha una sua efficacia su tutti i microrganismi. Analogamente la luce solare, con il calore ad essa associato, può agire favorendo l’essiccamento delle goccioline che contengono il virus e questo determina un’azione biocida riducendo la quantità di acqua presente che è indispensabile per tutte le reazioni biochimiche necessarie a tutti gli esseri viventi per sopravvivere, quindi anche per i virus. Entrambi, radiazioni UV e calore associato alla luce solare, sono conosciuti da tempo come mezzi naturali di disinfezione. Purtroppo però, la maggiore frequenza di diffusione del virus avviene per trasmissione aerea ravvicinata tra soggetti e questa modalità non risente assolutamente di nessun agente esterno dato anche il tempo brevissimo di passaggio da un soggetto all’altro. Pertanto, in attesa di conclusioni più chiare possiamo asserire che il virus continuerà a circolare, che i casi si ridurranno se sapremo mantenere le distanze, se utilizzeremo la mascherina quando indicata e laveremo frequentemente e correttamente le mani. E, soprattutto, mantenere elevata l’attenzione e la tensione entrando nell’ottica che per un bel po’ di tempo nulla sarà come prima, in attesa anche di un vaccino efficace.
– Claudio Buono –