I recenti fatti di cronaca che riguardano lo stupro di gruppo nei confronti di una ragazza di 19 anni a Palermo e di due cuginette di 10 e 12 anni a Caivano hanno profondamente indignato la comunità e riacceso il dibattito su tematiche quali la violenza sulle donne, la dipendenza dai social, l’educazione, la sessualità. Tante sono state le opinioni espresse dalle più svariate personalità del mondo politico e non solo, tante anche le polemiche scatenate, quello che è certo è che c’è urgente bisogno di intervenire per sanare una ferita sanguinante che riguarda tutta la società.
Ma cosa sta succedendo ai nostri giovani? Perchè troppo spesso una donna viene considerata un mero oggetto? Cosa c’è alla base? Mancanza di educazione, di valori, di rispetto? Figure di riferimento sbagliate? Lo abbiamo chiesto allo psichiatra e sociologo Paolo Crepet.
- Professore, cosa sta succedendo?
Quello che sta succedendo è il lento prodotto dell’arretramento e del disinteresse in questo nostro mondo nei confronti di tutto quello che c’è di educativo. Non ce ne frega niente, in realtà non ci interessa aiutare i quartieri (non solo quelli periferici), non ci interessa fare delle battaglie chiare e inequivoche. Si dice: “Lo Stato, lo Stato” ma lo Stato siamo noi, non può essere sempre tutto demandato allo Stato, al presidente di Regione, io non mi riconosco in tutto questo, io mi riconosco nella comunità, non nei suoi rappresentanti.
- Eugenia Roccella, ministro per le Pari opportunità e la Famiglia, è intervenuta sull’argomento riferendo che per quanto riguarda i ragazzi non è una questione di controllo o di divieti ma una questione educativa. È cambiato secondo lei il modo di educare?
Sì, è cambiato. Ho sentito anche parlare di “lotta al porno” però nel frattempo non ci siamo resi conto che il mondo del porno è evoluto in maniera straordinaria. Ad esempio OnlyFans, parliamoci chiaro, non è frequentato da ottantenni, dà lavoro a ragazzi e ragazze che con poco sforzo guadagnano un sacco, pensi che è un’azienda che ha un giro d’affari di 5 miliardi di dollari, con un ritmo di crescita del 20% annuo. Ma se lei avesse una figlia di 14 anni che trucca le carte e si mette su OnlyFans non sarebbe preoccupata? Un pensiero non se lo farebbe? Non è una questione moralistica ma si chiederebbe come mai a 14 anni questa ragazzina pensa che l’unico modo per campare è togliersi le mutande? A quell’età oltretutto!
Quindi c’è una commistione morale, ho cercato di dirlo ma poi mi prendono in giro. Vede, c’è una casta di giornalisti, benpensanti, intellettuali e politici che godono a dire: “Ma che c’entra” e invece non è così.
- Cosa pensa della proposta dell’introduzione a scuola dell’educazione affettiva, sessuale e sentimentale?
La proposta dell’educazione affettiva e dei sentimenti a scuola l’ho detta anche io tanti anni fa ma mi feci anche una domanda: “Chi va a fare lezione di emozioni a scuola? Chi ha il curriculum?” Perché non possiamo dire una cosa e poi non sappiamo come farla. Chi ci mandiamo? Il prete? Dell’amore dovrebbe saperne poco visto che non pratica. Noi pratichiamo ma siamo zoppi da quel punto di vista lì.
- Allora bisognerebbe partire dalla famiglia?
E se una famiglia non c’è? Non facciamo gli ipocriti, la politica parla di famiglia ma magari poi il politico che parla ne ha sfasciate tre, non parla mio nonno che da 60 anni sta con mia nonna, nel bene e nel male, almeno loro hanno una titolarità. Io stesso non ce l’ho perchè faccio parte di quelli divorziati, penso che sia stato un mio diritto farlo e questo non mi mette nella condizione di essere il sostenitore di una cosa che generazionalmente abbiamo ritenuto essere flessibile, per usare un aggettivo cauto. Un amore che è nato a 20/25/30 anni è destinato a durare poco, perché dobbiamo dire di no? E se da quell’amore è nato un ragazzino o una ragazzina lo chiamiamo famiglia? Chi lo stabilisce? Un conto bancario? Sulla base di cosa?
Non lo dico per pessimismo ma se una persona continua a pensare che la soluzione del problema sia una e guarda caso quella una sia debolissima, noi facciamo un buco nell’acqua come stiamo facendo da decenni.
- Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha affermato che sta lavorando per fare in modo che dal prossimo anno a scuola ci saranno corsi che prevedono incontri con donne che hanno subìto violenze, fa parte della diffusione di quella che il ministro chiama “la cultura del rispetto”. Può essere questa la chiave?
Sì ma non come dice lui. Bisogna parlarne, non bisogna mettere sotto la sabbia il problema ed è giusto così però indica uno strumento terribile cioè chiamare le vittime e farle parlare. Ma lei capisce cosa può succedere in un liceo o in un istituto tecnico? Una vittima la esponi di nuovo, immagina le risatine degli studenti? Magari parlerebbe pure e qualcuno coglierebbe il messaggio, non dico di no, ma nella maggioranza dei casi faremmo fare a quella determinata ragazza uno sforzo incredibile che può essere fatto una volta sola ma non di più.
- E come si potrebbe fare allora secondo lei?
Se proprio dobbiamo chiamare qualcuno, chiamiamo qualche ragazzo che qualche mezza ideuccia ce l’abbia avuta, rovesciamo la cosa. Io penso che la ragazza di Palermo o quelle di Caivano vadano risarcite, dobbiamo aiutarle ad andare da qualche altra parte per rifarsi una vita, non è un risarcimento monetario, quelle sono anime pugnalate e so bene quanto sarà complicato recuperarle. Immagina che tipo di rapporto avrà, ad esempio, la ragazza di Palermo con gli uomini? Come farà ogni volta che le piacerà uno? Si avvicina e se fosse un “lupo” perderebbe quella fiducia che è la base dell’amore. Ti piace una persona, ti fidi di lui ma non puoi dire “mi piaci ma non mi porti fuori dal locale perché se no chissà che succede” e questo che amore è? È un lungo percorso che questa ragazza dovrà compiere, dipenderà molto dalle amiche e dalle persone che le saranno attorno.
- Cosa si sentirebbe di consigliare ai ragazzi?
Di parlare di quello che succede. Io consiglierei di aprire un dibattito nella maniera più serena possibile e farei fare una riflessione perché se in un gruppo non emergono diverse sensibilità facciamo come i preti, “ite missa est” e tutti tornano a casa come prima. Sono sicuro che c’è differenza tra un ragazzo e un altro e allora parlino entrambi, il più sensibile e il figlio di buona donna. Dobbiamo metterli a confronto non sulle idee, ma su un progetto pratico: ad esempio, come aiutiamo quella ragazza? Creiamo dei centri? Questo basta? O ce ne freghiamo?
- Cosa si potrebbe fare secondo lei nell’immediato?
Adesso che si aprono le scuole mettiamo i ragazzi in aula magna, proiettiamo un film forte, importante, per esempio “Rocco e i suoi fratelli”, grande film che finisce tragicamente. Ora, se un professore fa questa cosa posso immaginare la reazione dei genitori che diranno: “Ah bravo, hai fatto vedere quella donna che è stata stuprata e che poi è morta ammazzata sull’argine del fiume, ma mia figlia ha 16 anni poverina”, capisce cosa intendo?
Se fossi un docente farei vedere un film del genere, senza l’esperto di turno però, poi ne parlerei con i ragazzi e chiederei loro: “Che ne pensate? Che vi ha fatto venire in mente questo che picchia la ragazza? Che cos’è la gelosia? Una ragazza è libera di poter guardare anche un altro ragazzo o no?”. Sono le cose che uno si sarebbe dovuto chiedere 50 anni fa, purtroppo è così. Un’iniziativa del genere da qualcuno dovrebbe partire, dobbiamo partire da qualche avanguardia, com’è sempre successo, insomma da qualcuno che osa di più e che si fa venire un’idea in più. Altrimenti sa cosa succede? Che siamo piatti e aspettiamo che il ministro ci dia il via ma non funziona così: Maria Montessori non ha avuto il placet ministeriale ma ha fatto quello che le diceva il cuore e così tutti gli altri grandi pedagogisti che abbiamo avuto. Le persone che hanno voluto bene ai più giovani non hanno aspettato il via libera burocratico di qualcuno mentre oggi siamo piegati da questo perché non vogliamo fare niente e ci inventiamo la scusa dicendo: “Vabbè, ci avevo provato ma il preside/il responsabile regionale mi ha detto che non si può…la signora Rossi mi denuncia” e finisce così e intanto i ragazzi? Non avranno niente.