Il tema delle concessioni demaniali marittime continua a far discutere, soprattutto dopo la sentenza da parte del Consiglio di Stato che ha stabilito che le proroghe delle concessioni balneari sono in contrasto con la direttiva europea Bolkestein, motivo per cui la scadenza è stata fissata al 31 dicembre dello scorso anno e non al 31 dicembre 2024 come era stato stabilito dal Governo Meloni.
Secondo la direttiva europea, infatti, le concessioni demaniali devono avvenire tramite procedure di gara.
Resta quindi alta la preoccupazione da parte dei lavoratori del settore che si trovano a dover fare i conti con una situazione incerta e senza adeguate linee guida.
A chiarire la vicenda è il presidente di Fiba Campania nonché dell’associazione Balneari Camerota e imprenditore nel settore turistico a Camerota, Raffaele Esposito.
“Ci aspettiamo una legge di riordino – ha affermato Esposito -. C’è bisogno di una decisione da parte dell’attuale Governo che vada a disciplinare e a chiarire la materia, anche perché, sulla scorta di quello che sta avvenendo a livello nazionale, senza criteri ben stabiliti, ogni Comune sta cercando di fare il ‘passo più lungo della gamba’ creando dei criteri per realizzare dei bandi”.
Secondo Esposito, infatti, non è lasciando libero arbitrio agli Enti locali il modo per risolvere la situazione, ma bisogna creare una vera e propria legge che coinvolga tutto il Paese. “Noi – sottolinea – siamo convinti che il settore vada tutelato in maniera unitario e nazionale dalla legge o dai decreti attuativi, come è successo ad esempio con la legge 118 del 5 agosto 2022 del Governo Draghi, che ci consente oggi di lavorare e stare tranquilli. Quindi la Giustizia amministrativa si sta inoltrando in aspetti puramente normativi, ma la categoria si aspetta una ‘legge Meloni’ che vada a chiarire gli aspetti relativi alle cosiddette evidenze pubbliche. E’ sicuramente questo un periodo di transizione, nel quale si dovrebbe trovare, a nostro avviso, una quadra attraverso una norma ‘euroconvincente’ che sia consona anche al Diritto comunitario e che risponda soprattutto alle esigenze di chi fa impresa oggi”.
Secondo il presidente di Fiba Campania, infatti, non necessariamente bisogna andare a togliere il lavoro a chi anni addietro si è inventato di sana pianta un mestiere, “perché nessuno sapeva trarre reddito o attività dal demanio marittimo che era completamente abbandonato e quindi chi ha saputo cogliere l’occasione ha svolto opere di riqualificazione e marketing territoriale, motivo per cui oggi i litorali sono attrezzati e rappresentano parte del turismo made in Italy”.
Una spiaggia attrezzata, infatti, come sottolineato da Esposito, vale tanto dal punto di vista dell’ospitalità territoriale. Quindi non bisogna penalizzare chi ha dato vita all’attività balneare ma potrebbe esserci un modo per tutelare il demanio.
“Sulla scorta di piani che possono redigere i Comuni – afferma Esposito – si potrebbe capire quali sono i limiti di spiaggia ancora concedibile, andare a sottrarre le concessioni a chi è in continua posizione debitoria con gli Enti locali o a chi non ha mai pagato le tasse. Insomma, ci sarebbe anche l’opportunità da un lato di premiare chi da sempre si è comportato bene, anche attraverso progetti legati alla sostenibilità, e dall’altro andare di tagliare i ‘rami secchi’ per aumentare la spiaggia libera concedibile”.
Permane, però, l’incertezza da parte dei lavoratori. “Lo stiamo dicendo da anni purtroppo – prosegue il sindacalista -. La spada di Damocle sulla nostra testa è dovuta a una possibile competizione per un fazzoletto di spiaggia, perché questa non è la Riviera Romagnola e nessuno ha privatizzato gli arenili, qui a Camerota gli stabilimenti vengono allestiti ad inizio stagione per poi essere smontati, quindi le spiagge sono tutte libere e semplicemente vengono offerti dei servizi in linea con ciò che chiede l’utenza nazionale e internazionale, nel rispetto dell’ambiente e seguendo anche progetti virtuosi con Legambiente e WWF, solo per citarne alcuni. Insomma, la preoccupazione è che di punto in bianco si finisca per competere per attività che potrebbero iniziare a risultare appetibili ai malintenzionati o agli imprenditori stranieri e a rendere tutto ancor più spaventoso è il fatto che non c’è una legge ad hoc a tutelare il settore”.