Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania ha dato esecuzione, con il supporto dei Reparti del Corpo dislocati nelle province di Venezia, Vicenza, Messina, Siracusa, Salerno, Roma, Padova, Rieti, L’Aquila e Milano sgominando un’associazione a delinquere per evasione dell’IVA e bancarotta fraudolenta. Nell’operazione denominata “Ultimo brindisi” sono state arrestate 10 persone tra cui il figlio di un esponente del clan Santapaola. Sono stati sequestrati oltre 30 milioni di euro di beni e disponibilità finanziarie e sono stati rinvenuti contanti e preziosi durante le perquisizioni.
L’operazione ha raggiunto dunque la provincia di Salerno. Ad Agropoli sono state diramate due misure cautelari nei confronti di due imprenditori, mentre a Salerno si è registrato il sequestro di immobili.
In totale le misure cautelari hanno raggiunto 30 indagati. Nello specifico il giudice ha disposto 6 misure in carcere e 4 agli arresti domiciliari nei confronti di persone gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla evasione e frode fiscale e a condotte plurime di bancarotta. Inoltre, è stata attuata la misura cautelare interdittiva nei confronti di 17 indagati, prescrivendo il divieto di esercitare l’attività d’impresa, nonché il ruolo di rivestire uffici e funzioni direttive o amministrative presso società di persone o di capitali, anche per interposta persona, per la durata di un anno.
Il sequestro preventivo, nella forma diretta, di somme di denaro ha interessato 17 società di capitali e 25 indagati.
L’operazione “Ultimo brindisi”, coordinata dai Procuratori Europei Delegati dell’ufficio EPPO (European Public Prosecutor’s Office) di Palermo e condotta dai militari del I Gruppo della Guardia di Finanza di Catania, ha riguardato un articolato gruppo criminale che avrebbe illecitamente commercializzato bevande nel territorio nazionale in evasione dell’IVA.
Capo dell’associazione per delinquere sarebbe risultato un incensurato 41enne, figlio di esponente del clan mafioso “Santapaola”, attualmente ristretto al regime detentivo ex art. “41 bis” presso il carcere di Sulmona.
Le investigazioni, durate circa due anni, sono state eseguite attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, richieste di mutua assistenza e cooperazione amministrativa, indagini finanziarie e patrimoniali nei confronti di imprese in fallimento. Si è così appurato che il gruppo criminale, con base operativa e decisionale presso un deposito di Belpasso, in provincia di Catania, avvalendosi della professionalità dei suoi sodali, ovvero imprenditori e professionisti, ha realizzato, negli anni, un volume d’affari superiore a 100 milioni di euro, frodando il Fisco per oltre 30 milioni di euro.
L’indagine ha permesso di individuare un’organizzazione strutturata su scala piramidale che, celandosi dietro cosiddette teste di legno, gestiva, di fatto, imprese cartiere e interposte, attraverso cui hanno realizzato l’imponente evasione dell’IVA. Le cartiere servivano a utilizzare e ad emettere fatture per operazioni inesistenti nella commercializzazione di bevande che, grazie all’evasione d’imposta, potevano essere vendute a prezzi altamente concorrenziali.
Tra i meccanismi di frode vi era l’acquisto senza IVA di merci falsamente destinate all’estero, oppure il mancato versamento in Italia dell’imposta sugli acquisti provenienti dalla Repubblica di San Marino, dove il sodalizio operava con un’azienda a loro riconducibile.
Per le stesse finalità di frode, il gruppo criminale simulava operazioni intracomunitarie, in regime di reverse charge (l’imposta sul valore aggiunto è assolta dal destinatario della fornitura dei beni in luogo del cedente), tramite una società apparentemente situata in Bulgaria ma di fatto gestita in Italia sempre dalla stessa organizzazione.
Profitti illeciti pari a quasi 600mila euro sono stati realizzati anche attraverso crediti d’imposta inesistenti, artificiosamente creati attraverso falsi corsi di formazione per il personale dipendente di alcune imprese facenti capo al gruppo criminale.
Non da ultimo, a carico di alcuni componenti del sodalizio sono stati riscontrati fatti di bancarotta fraudolenta commessi mediante l’intenzionale conduzione all’insolvenza e conseguente fallimento di 3 società oberate dai debiti tributari, preventivamente drenate delle risorse finanziarie e private di beni strumentali, ceduti a prezzi irrisori.
In considerazione delle evidenze investigative raccolte dai militari del I Gruppo della Guardia di Finanza di Catania, sotto la direzione della Procura Europea, il G.I.P. presso il Tribunale etneo ha dunque disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 persone e gli arresti domiciliari per 4 indagati, di cui due consulenti fiscali, padre e figlio. Il primo, all’epoca delle investigazioni, già colpito da misura restrittiva degli arresti domiciliari.
Inoltre, è stata attuata l’interdizione dall’esercizio di impresa, dal rivestire il ruolo in uffici e funzioni direttive o amministrative presso società di persone o di capitali, anche per interposta persona, per la durata di un anno, nei confronti di 16 imprenditori e un ragioniere. E’ stato disposto poi il sequestro preventivo delle somme di denaro nella titolarità di 17 imprese e di 25 indagati e, in aggiunta, nei confronti di questi ultimi, delle disponibilità finanziarie, delle quote sociali possedute riferibili a 17 società con sede a Catania, Messina, Padova e Roma, tutte operanti nel settore del commercio all’ingrosso e dettaglio di generi alimentari e bevande e del trasporto, di 98 immobili distinti in fabbricati e terreni situati in provincia di Catania, Messina, Salerno, Roma, Padova, Siracusa, Rieti, L’Aquila e Milano e di 29 veicoli, per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro, quale profitto del reato di evasione fiscale ai fini dell’IVA.
L’attività di polizia riflette la stretta sinergia operativa tra la Procura Europea e la Guardia di Finanza nella tutela degli interessi economico-finanziari dell’Unione Europea e dei bilanci nazionali nonché del corretto funzionamento dell’economia legale, al fine di contrastare distorsioni del lecito mercato a garanzia della libera concorrenza e dei consumatori.
Si precisa che nei confronti delle persone coinvolte vige la presunzione di non colpevolezza e le ipotesi accusatorie dovranno essere verificate in sede processuale.