“Fanno così, il calcio e la storia: si intrecciano, si accavallano, si cambiano a vicenda“. Così Marco Cattaneo, giornalista sportivo e telecronista di Sky Sport, nel suo ultimo libro “Sfidare il cielo – Le 24 partite che hanno fatto la storia“, la storia del calcio e dell’Europa dal 1870 a oggi attraverso sfide calcistiche indimenticabili.
“La storia del calcio è importante: conoscerla significa conoscere molto altro, del mondo e della vita”. Partendo da questo concetto basilare Cattaneo dimostra, pagina dopo pagina, come gli eventi storici, soprattutto quelli europei, negli anni abbiano influenzato anche il calcio, che in Europa è nato e appassiona tante nazioni. Dai conflitti mondiali all’avvento del nazismo, per giungere agli eventi che caratterizzano l’epoca contemporanea, squadre e tifosi hanno vissuto emozioni particolari condizionate anche dal periodo storico e dal contesto sociale in cui si disputavano gli scontri in campo. Proprio come da quando l’avvento del Covid-19 ha comportato una serie di restrizioni che hanno influito tantissimo anche nel mondo del calcio, con partite a porte chiuse, l’assenza dei tifosi e le conseguenti ripercussioni sui bilanci delle società, grandi e piccole. Ne abbiamo parlato proprio con Marco Cattaneo, noto volto di Sky Sport ma anche conduttore di programmi di calcio per bambini su Disney Channel.
- C’è un rapporto particolarmente diretto tra la storia e il calcio. Come nasce “Sfidare il cielo”?
“La storia e il calcio vanno di pari passo e ho provato a raccontarlo ai più giovani, scoprendo che nel corso dei decenni dell’ultimo secolo e mezzo molti avvenimenti calcistici erano strettamente collegati al contesto storico nel quale venivano disputati. Ho provato così a raccontare 150 anni di guerre mondiali, terrorismo internazionale, scoperte, rivoluzioni, progresso, lutti, scegliendo 24 partite che potessero riassumere questi macro argomenti. Il risultato è stato un bel mix di calcio e storia, due delle mie più grandi passioni”.
- Ci fai l’esempio di un evento storico in particolare collegato ad una partita di calcio e di come l’ha influenzata?
“Le partite che mi hanno più emozionato sono quelle legate alla seconda guerra mondiale e all’Olocausto. Sono affezionato alla storia di un calciatore austriaco, Matthias Sindelar, che giocò un’amichevole, l’ultima dell’Austria che era appena stata annessa dalle truppe naziste alla Germania, e con l’obbligo da parte dei militari tedeschi di perdere quello scontro perchè Hitler sentiva la necessità di ribadire la forza della Germania non soltanto in campo militare ma anche calcistico. Sindelar rifiutò di sottomettersi e, quando vide che nello stadio della sua città i tifosi austriaci sventolavano le bandiere con gli stemmi del nazismo, segnò un gol e ne propiziò un altro, ribellandosi così all’obbligo che era arrivato dall’alto. Purtroppo dopo qualche giorno fu trovato senza vita nella sua abitazione, ufficialmente per un difetto della stufa a gas ma molto probabilmente fu assassinato proprio per quel gesto”.
- Se tra qualche anno dovessi raccontare ai giovani del calcio influenzato dall’attuale emergenza sanitaria in che termini ne parleresti?
“Sarebbe stata la mia venticinquesima storia se avessi finito il libro qualche mese dopo. Se avessi dovuto scegliere una partita ne avrei individuata una delle tante giocate senza pubblico, la prima dopo lo stop o l’ultima prima che si fermasse il calcio. Durante il lockdown per Sky ho fatto dei disegni per provare a immaginare la nostra lotta contro il Coronavirus e ne è uscito un libro per bambini che si chiama ‘La nostra partita’. Ho provato a raccontargli che stavamo giocando tutti insieme, come fosse la più importante delle finali di calcio. Il tema è quello di rispettare le regole del gioco, usare tutta l’energia giocando di squadra, fidarsi dell’allenatore e di ciò che ci dicono di fare, un giorno riusciremo a vincere questa partita. Ma è l’ennesima conferma di come tutti gli aspetti della vita sportiva e di quella reale siano sempre collegati tra loro”.
- L’ultima domanda è al giornalista sportivo piuttosto che allo scrittore. Come pensi che uscirà il calcio, in particolare la Serie A, da questa emergenza sanitaria? Anche dal punto di vista della forza economica delle società.
“Il tema della solidità delle società di calcio non riguarda soltanto l’Italia considerato che stiamo sentendo di difficoltà di tanti club blasonati in giro per l’Europa. Penso che, come succede quando si vive una situazione di emergenza, sia necessario riflettere su quello che si era costruito e dove si era arrivati. I problemi c’erano anche prima della pandemia che li ha solo ingigantiti e ha accelerato l’effetto di una serie di spese magari scriteriate che erano state effettuate negli ultimi tempi. Credo ci sia ancora il modo per fare un passo indietro. Le spese poco avvedute di una volta dovranno essere corrette per ripartire tutti alla grande. Ci sono però tanti esempi virtuosi da seguire, società sane che puntano sul lavoro, sulla programmazione, che cercano di non fare mai il passo troppo lungo, che ragionano con lungimiranza. Partirei da questi esempi per riuscire a costruire non uno, due o tre, ma tanti modelli virtuosi di calcio”.
– Chiara Di Miele –