Il 13 febbraio è “martedì grasso” e tutti sappiamo che è l’ultimo giorno del Carnevale. Ma qual è l’origine di questa festa che porta grandi e piccini alla ricerca della maschera da indossare? Perché ci si traveste proprio a Carnevale?
Per volgere lo sguardo alle radici della nostra (e non solo nostra) tradizione, abbiamo rintracciato un cultore delle attività popolari del Cilento e Vallo di Diano, appassionato di cultura antica, dal paganesimo all’Impero Romano. Grazie ai racconti del prof. Enzo Lovisi, di Casaletto Spartano, riusciamo a rispondere alle curiosità che ci sovvengono pensando al Carnevale.
- A quando risalgono le prime testimonianze del Carnevale?
Le origini del Carnevale risalgono alla notte dei tempi, all’era arcaica e delle caverne, quando le attività dell’uomo erano strettamente connesse alla natura e al suo ciclo. Le maschere, in origine, rappresentavano proprio gli esseri infernali, gli spiriti, i morti, cioè le forze legate al sottosuolo che possono favorire il risveglio della terra. In una sorta di rito di fertilità, il loro intervento deve far sì che l’annata sia propizia. Il Carnevale è però anche una festa di fine inverno, un passaggio verso la primavera, il momento cruciale in cui la natura deve risvegliarsi. Infatti, nei paesi del Cilento e Vallo di Diano il Carnevale era rappresentato come un uomo realizzato con la paglia che alla fine dei festeggiamenti veniva incendiato. Si siglava così la fine dell’inverno e l’inizio della rinascita. Il fuoco, inoltre, era simbolo di purificazione, propiziatorio dunque per il nuovo ciclo della natura e della vita.
- Questa festa come si svolgeva nei tempi passati?
Il Carnevale era la festa in cui pastori e contadini, che generalmente vivevano in campagna, si recavano in città con il volto coperto e indossando pelli di animali, soprattutto ovini e caprini. Con queste pelli si realizzava lo strumento musicale tipico di questa festa: “il putipu”, composto da una pentola di terracotta sulla quale si applicava la pelle del capretto che si forava per metterci all’interno uno stelo di pianta che vibrando emetteva un suono cupo. Così gli uomini giravano in gruppo per i paesi indossando anche corna ed elementi antropomorfi derivanti dalla simbologia dionisiaca. Al centro, dunque, c’era il rapporto osmotico con la natura. Questa manifestazione animale si ritrova in alcuni paesi del Cilento fino agli anni ’50/’60 quando contadini e pastori, come i Mamuthones in Sardegna, si travestivamo con elementi naturali. Il Carnevale era rappresentato da una figura laida, un po’ come Bacco nell’antichità. Oggi il Carnevale arcaico si svolge a Satriano di Lucania dove Romiti, travestiti con fogliame, e Orsi, uomini ricoperti di pelli, affollano le strade cittadine.
- Quali sono gli elementi imprescindibili di questa festa?
Un elemento tipico del Carnevale di ogni era è la collettività. Presente sempre il rituale: Carnevale iniziava il 17 gennaio, a “Sant’Antuono maschere e suoni” – ricorda il proverbio – uscivano le maschere e andavano in giro a fare la questua che pure è un elemento che caratterizza la collettività. Era una festa comunitaria, nessuno usciva da solo e chi stava in casa non poteva rifiutarsi di aprire ai questuanti. Si raccoglieva certamente non denaro, ma i primi elementi della conservazione del maiale, che generalmente veniva lavorato a dicembre. Infatti la frase ripetuta era “ne vuoi sausicchia a Carnevale” e poi offrivano vino. Oltre all’elemento della collettività, la festa di Carnevale è da sempre contraddistinta dalla perdita dell’identità. Io non sono più io, il mio volto non è riconoscibile. Questa caratteristica greca e primitiva, si trasforma con i Saturnali romani celebrati in onore del dio Saturno dal 17 al 23 dicembre. La pratica era il capovolgimento dei ruoli. Nell’antica Roma il padrone si vestiva da servo e il servo da ricco, scambiando i ruoli per un giorno, mentre i maschi si vestivano da donne. Il Carnevale è una sorta di riequilibratore sociale, permettendo l’abolizione temporanea dei rapporti gerarchici e dell’autorità. Tuttavia, durante i Saturnali mancava l’elemento del travestimento perché tutti indossavano una stessa tunica. Si andava in giro su carri decorati con fiaccole e tutte le forme inibitorie in quell’occasione venivano sciolte: era un momento licenzioso.
- Cosa cambia con l’avvento del Cristianesimo?
Con la diffusione del Cristianesimo, permane l’aspetto del sovvertimento dei ruoli, anche se parallelamente nelle campagna si praticava ancora la forma arcaica. Il travestimento significava essere altro da sé e questo avveniva soprattutto tra gli uomini che si vestivano da donne. Sotto la maschera era tutta una sorpresa. Le cronache del tempo ci raccontano che nella città dei papi era molto sentito il Carnevale. Tanto che in quel periodo i preti e i seminaristi dovevano ritirarsi in preghiera, digiunando, per salvare gli uomini che stavano peccando in quei bagordi licenziosi e carnali.
- Cosa vuol dire la parola Carnevale?
In accordo con la cultura cristiana, Carnevale vuol dire letteralmente “carne levare”. Dal giorno successivo alla fine del Carnevale iniziava il digiuno dalle carni di qualsiasi tipo per 40 giorni: la quaresima. Altro tratto distintivo del Carnevale è l’ironia: “A Carnevale ogni scherzo vale”, si dice. Infatti, in alcuni paesi si era soliti prendere di mira i notabili, sbeffeggiandoli o vestendosi come loro, ma goffamente. Questo uso risale già alla fine del ‘700 quando si stilano dei canovacci veri e propri che mettevano in ridicolo le figure del medico, del prete e altri notabili.
Oggi è rimasto di tutte queste tradizioni l’elemento del travestimento, il bisogno di essere altro da sé almeno per un giorno, almeno a Carnevale.
Foto: Emiliano Albensi e Pacifico Fotografia