Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, respinge il ricorso presentato dal Comune di Sala Consilina, guidato dal sindaco Francesco Cavallone, e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lagonegro, nel quale veniva richiesto l’annullamento della soppressione della Casa Circondariale di Sala Consilina.
Secondo il Tar il motivo del ricorso è infondato e, in particolare, emergono dagli atti e dal provvedimento impugnato diversi snodi valutativi che hanno condotto alla decisione di chiudere la struttura.
In primo luogo la considerazione dell’elemento strutturale, in quanto l’edificio consiste in una vecchia sede vescovile, edificata nel 1809 e nel 1948 trasformata in carcere, che risulta oggi non adeguata agli standard nazionali ed europei. Il carattere storico dell’edificio limita, e comunque rende più complessa e condizionata, la possibilità di interventi di adeguamento, dato il vincolo di tutela monumentale, che impedisce di apportare quelle modifiche strutturali che consentirebbero il raggiungimento di standard adeguati.
Tra i vari deficit strutturali – si legge nella sentenza del Tar – vi è ad esempio il mancato rispetto della disciplina in tema di abbattimento delle barriere architettoniche; altro grave difetto consiste nella non conformità della struttura alla disciplina della sicurezza sul lavoro sotto il profilo dell’igiene edilizia. Inoltre emerge la generale angustia e ristrettezza dei vari ambienti, tale da compromettere la qualità della presenza dei detenuti, del personale e dei visitatori.
Tra i locali inidonei vi sono anche gli spazi insufficienti degli uffici, della caserma, della mensa e anche l’accesso alla struttura con veicoli risulta non agevole. Infine, sono presenti aree scoperte collocate in centro abitato, tanto da compromettere le norme di sicurezza che impongono l’adeguata separazione dei detenuti dal pubblico.
Sulla base di questi rilievi l’amministrazione resistente ha valutato l’inidoneità della struttura ad assolvere la funzione rieducativa della pena, senza che sussistano adeguati e ragionevolmente agevoli margini di adeguamento dell’edificio.
In aggiunta a tali valutazioni, il Tar ha considerato anche il più ampio piano nazionale di riorganizzazione delle strutture penitenziarie, che prevede in linea di massima la chiusura delle strutture penitenziarie più piccole per concentrare gli sforzi organizzativi, lavorativi ed economici nelle strutture più grandi, potenziandole ulteriormente anche con l’impiego del personale delle piccole strutture da chiudere.