Il Tribunale di Salerno – Sezione misure di Prevenzione – ha disposto, su richiesta della Procura della Repubblica di Salerno – Direzione Distrettuale Antimafia, la confisca di beni e assetti societari per un valore di circa 16 milioni di euro nei confronti dell’imprenditore Roberto Squecco. Il provvedimento è stato eseguito nei giorni scorsi dalla Divisione Anticrimine della Questura di Salerno e dal Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato.
Nei confronti dell’imprenditore, già condannato per reati commessi per favorire il clan Marandino, nello scorso mese di gennaio è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di intestazione fittizia di beni, peculato, interruzione di pubblico servizio, favoreggiamento personale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, invasione di terreni ed edifici, riciclaggio, turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio ed altro, insieme ad altri 10 indagati. Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari personali era stato eseguito nei confronti di Squecco un decreto di sequestro degli stessi beni poi sottoposti a confisca, secondo una strategia di contrasto propria della Procura della Repubblica di Salerno e condivisa a livello nazionale dalla Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, che prevede un modello operativo innovativo, caratterizzato dallo svolgimento in parallelo delle indagini penali e di prevenzione antimafia. In quest’ottica la richiesta di sequestro in prevenzione è stata richiesta congiuntamente dal Procuratore della Repubblica di Salerno e dal Questore di Salerno.
L’esecuzione del provvedimento di confisca, estesa anche ad alcuni cespiti in Romania, ha comportato, per la prima volta nel nostro Paese, l’attivazione della procedura introdotta dal nuovo Regolamento (Ue) 2018/1805 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 (entrato in vigore il 19 dicembre 2020), per il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca. In particolare, il Tribunale di Salerno ha riconosciuto nei confronti di Squecco manifestazioni di pericolosità sociale sia “qualificata”, in quanto indiziato di appartenere alle associazioni di cui all’art. 416 bis c.p. (nello specifico al clan Marandino) e del delitto di cui all’articolo 512 bis c.p. (trasferimento fraudolento di valori), che “generica”, in quanto vive abitualmente con i proventi di attività delittuose. E’ stato evidenziato che Squecco è da considerare socialmente pericoloso sin dalla seconda metà degli anni ’90. Risalgono a quel periodo, infatti, le denunce per truffa, ricettazione, violazione delle norme tributarie, traffico di carte donate, nonché le operazioni di distrazione di beni e capitali poste in essere in danno dei creditori delle società amministrate, formalmente o di fatto e poi dichiarate fallite. Condotte per le quali ha accumulato un ingente capitale illecito di oltre 3 milioni di euro, successivamente reinvestito in diversi settori imprenditoriali, e per le quali ha riportato due condanne per bancarotta fraudolenta. Il provvedimento, inoltre, ha evidenziato che negli anni 2012-2014 l’imprenditore ha manifestato anche una pericolosità sociale di tipo qualificato derivante dall’appartenenza al clan camorristico Marandino. Nel 2014 è stato arrestato per partecipazione ad associazione di stampo camorristico facente capo a Giovanni Marandino e tentata estorsione aggravata e successivamente condannato per questi fatti.
Il Tribunale si è poi soffermato sulle risultanze delle più recenti indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Salerno e svolte dalla Squadra Mobile di. Salerno che hanno determinato l’esecuzione delle misure cautelari personali. Viene rimarcato come Squecco, nonostante i numerosi e incisivi provvedimenti giudiziari ed amministrativi, quali provvedimenti di interdittiva antimafia riguardanti la sua persona e le sue attività economiche, non abbia mutato la propria condotta, reiterando gli stessi illeciti. In tale contesto, anche grazie al reinvestimento dei proventi di reati tributari, ha continuato a mantenere il monopolio nei servizi delle onoranze funebri e del pubblico soccorso ad Agropoli, Acerno e Capaccio attraverso la creazione di nuove associazioni e società intestate a prestanome ovvero infiltrando imprese di terzi già attive in modo da sfruttare in maniera occulta mezzi e licenze altrui, conseguendo un notevole arricchimento. Sotto tale profilo viene stigmatizzato il complesso sistema dì fatturazioni per operazioni inesistenti realizzato dall’imprenditore attraverso società cartiere operanti nel settore sanitario, che ha fruttato, solo nel periodo 2017/2019, introiti per circa 1 milione di euro, successivamente riciclati nelle casse delle Onlus riferibili a Squecco e distratti per finalità personali o per creare provviste di denaro contante. Gli approfondimenti economico-finanziari hanno documentato come Squecco abbia reinvestito le somme illecitamente acquisite con le due importanti e risalenti bancarotte fraudolente, compiendo diverse operazioni commerciali, tra le quali spiccano per la particolare rilevanza l’acquisto, attraverso la Pianeta Paestum S.r.l, di 12 terreni a Capaccio dell’estensione di circa 18 ettari per l’importo dichiarato di 1.600.000.000 delle vecchie lire, il cui attuale valore, sulla base della relativa destinazione urbanistica e delle potenzialità di sfruttamento che li contraddistinguono, è stimabile in circa 15 milioni di euro. Tra le varie progettualità che hanno interessato questi terreni, nonché altri appezzamenti limitrofi, vi era quella di realizzare un parco divertimenti tematico con l’intervento delle Amministrazioni comunali di Capaccio e Agropoli. In secondo luogo spicca anche la costituzione di due compagini societarie in Romania, attive nella produzione e vendita di prodotti caseari, registrate fra il 2002 ed il 2009, titolari di immobili in quel Paese.
Pertanto, alla luce degli elementi esposti e degli accertamenti esperiti attraverso una specifica richiesta di Commissione Rogatoria alle competenti Autorità rumene, il Tribunale ha disposto la confisca di una società con sede in Italia, di due associazioni di soccorso, 26 automezzi, 7 conti correnti bancari, 12 terreni a Capaccio Paestum, un terreno a Zinibor in Romania, per un valore complessivo stimato di circa 16 milioni euro. E’ stata anche applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la durata di tre anni.