“Un episodio di avvelenamento ai danni di un cane randagio deve indignare e spaventare tutti”. Sono le parole di Tommaso Tisci, medico veterinario che lavora in Val d’Agri, dopo l’episodio che ha visto un cane morire nella Zona Industriale di Viggiano per avvelenamento.
Il cane è stato scoperto da alcuni volontari in mattinata mentre era in difficoltà e con sintomi da avvelenamento. Un quarto d’ora dopo la segnalazione, però, si è accasciato al suolo ed è deceduto. Si tratta di un cane randagio, uno dei tanti che si aggira nella Zona Industriale e sul territorio viggianese. Un cane di grossa taglia di colore nero, un meticcio, che aveva convulsioni, vomito e bava alla bocca. Molto probabilmente ha imboccato un’esca avvelenata.
“Questi delinquenti – ha sottolineato il veterinario Tisci – disseminano il nostro territorio di veleni che possono essere letali anche per gli uomini ed hanno la capacità di rimanere attivi per tanti anni. Per tutti questi motivi chiedo alle istituzioni di intervenire per scovare eventuali presenze di bocconi avvelenati che possono essere potenzialmente letali per uomini e animali domestici e selvatici. Bisogna denunciare alle autorità competenti questi soggetti”.
Secondo la legge italiana, chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni. La legge prevede che l’avvelenamento di un cane costituisce reato anche nel caso in cui l’animale non dovesse morire. Il Codice penale, infatti, prevede che per chiunque, per crudeltà o senza necessità, provoca una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili, è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da un minimo di 5mila a un massimo di 30mila euro.
Nella Val d’Agri, come sottolineato dal dottor Tisci, sono oltre una ventina i casi di avvelenamento di cani che vengono registrati presso la sua clinica. Per non parlare di tanti altri che in cura non arrivano proprio.