Teresa Manes, madre di Andrea Spezzacatena, il ragazzo vittima di bullismo e morto suicida il 20 novembre del 2012 e che ha ispirato il film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, ha incontrato gli studenti questa mattina a Sapri nella chiesa di San Giovanni Battista, oltre a molti adulti e genitori. Nel corso del suo intervento, seguito tra gli altri dal Vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro, Monsignor Antonio De Luca, la Manes ha presentato anche il suo libro “Andrea, oltre i pantaloni rosa”, proprio sulla storia di suo figlio.
- Signora Manes, se l’aspettava tutta questa partecipazione di pubblico?
Mi ha piacevolmente sorpreso, ma è il segno che la storia di Andrea ha smosso tante coscienze.
- Quanti Andrea Spezzacatena incontriamo quotidianamente e quanto c’è da fare soprattutto nelle scuole per rendere consapevoli gli studenti sul tema del bullismo?
Dietro la vittima c’è sempre un bullo, spesso inconsapevole. Con questa attività sociale che si porta avanti si cerca di maturare una coscienza collettiva e soprattutto una consapevolezza dell’azione. Non posso che prendere positivamente atto di queste iniziative; ciò vuol dire che il tema è sentito e finalmente qualcuno è pronto ad ascoltare.
- Quanto lavoro c’è da fare nelle scuole e nelle famiglie?
Le istituzioni devono fare la loro parte. Bisogna, ad esempio, insistere in materie importanti come l’educazione civica e non relegarle ad un ruolo marginale. Occorre investire su attività che coinvolgano istituzioni e scuola, ma serve anche un lavoro interno alla famiglia, abbattendo quel muro del silenzio che in molti casi è ancora presente, riavvicinandosi con i propri figli.
- Quali i messaggi importanti che emergono dal film e dal libro sulla vicenda di suo figlio Andrea?
Un messaggio di positività, sostanzialmente, perché si racconta la drammaticità di una vicenda ma c’è anche un messaggio forte di speranza. Nel film il pubblico credo abbia apprezzato la genuinità del racconto, la verità delle difficoltà che si riscontrano in tutte le famiglie, quelle crepe che si possono trovare all’interno della rete educativa. Ognuno si ritrova in quel fallimento ma nello stesso tempo anche in quella voglia di riscatto.
- Cosa direbbe ai tanti Andrea presenti oggi e che spesso non hanno il coraggio di denunciare episodi di bullismo e cosa ha insegnato la vicenda di suo figlio?
Direi loro di tenere alta la testa e di non perdere mai la fiducia e rivolgersi all’adulto poiché non è sempre vero che quest’ultimo è distratto. Bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto. Quello che è accaduto a mio figlio mi ha insegnato che non bisogna mai abbassare la testa. Andrea non ce l’ha fatta, però mi ha reso strumento per portare avanti una battaglia che è di tipo culturale. È un’azione pedagogica che si sta espandendo sempre più e di questo tutti possiamo raccogliere dei frutti.