Studentessa del terzo anno del Liceo presso il “Pomponio Leto” di Teggiano, dopo aver appreso notizia della sua mancata ammissione alla classe successiva, scrive ad un docente della classe, professore Enrico Vricella, dicendo che “purtroppo è andata come non doveva andare ma devo prendere le mie colpe. Ne farò tesoro, perché se lo avete fatto, ci sono stati i motivi. Grazie di tutto. Ho capito che lo avete fatto per il mio bene. Grazie di tutto anche se è andata male. Questa esperienza mi servirà per farmi crescere e maturare. Vi voglio bene”.
Destinatario di un altro messaggio “positivo” è stato anche il professore di Lettere Marco Caponigro inviatogli da uno studente della classe terza. “Avete fatto il massimo – scrive nel suo messaggio – è stata solo colpa mia ed è giusto così. Grazie anche per questa lezione di vita che mi avete dato”.
Le testimonianze degli studenti del “Pomponio Leto” di Teggiano fanno da contraltare a quanto, invece, è successo in un istituto tecnico alla periferia di Roma, dove un docente di 24 anni è stato costretto al ricovero in ospedale con “segni di soffocamento” per essere stato picchiato da un genitore di un’alunna bocciata.
Fanno da contraltare anche rispetto a quanto si è verificato presso un istituto superiore di Treviso dove una mamma di una studentessa alla quale era stato assegnato un 4 in Inglese ha aggredito l’insegnante dopo essere stata convocata a scuola per ritirare la comunicazione riguardante la mancata ammissione alla classe successiva.
Dall’inizio dell’anno, nelle scuole d’Italia, sono 35 le aggressioni accertate da parte di genitori di studenti nei confronti dei docenti.
“Nessun consiglio di classe delibera mai a cuor leggero la mancata ammissione di un alunno alla classe successiva – riferisce il Dirigente del Pomponio Leto, Rocco Colombo – La bocciatura non riguarda la persona. Essa si basa sulla constatazione che lo studente in questione non possiede la sufficiente preparazione per affrontare il successivo grado del percorso scolastico e non sottintende assolutamente intenti punitivi. A volte può servire, soprattutto se riguarda studenti frequentanti istituti di istruzione superiore. E i nostri alunni meritano un plauso, perché hanno capito che è stata loro data un’opportunità per poter affrontare meglio il loro futuro. Sarebbe auspicabile che i genitori, anziché indossare i panni da ‘sceriffo’, collaborassero con le istituzioni scolastiche per portare avanti una vera azione educativa”.
– redazione –