I sindacati di categoria di Filcams Cgil Potenza e Uiltucs Uil hanno presentato un esposto per chiedere alla magistratura di fare chiarezza sulle responsabilità circa il mancato avvio degli screening oncologici per utero e colon retto di cui si attende da circa un anno la ripartenza.
“Non è possibile – hanno spiegato i segretari di Filcams Cgil Potenza, Michele Sannazzaro, e di Uiltucs Uil, Donato Rosa – che un disservizio simile, le cui conseguenze potrebbero essere drammatiche per le donne a cui non è stata data la possibilità di fare prevenzione, non abbia un responsabile o dei responsabili a cui far pagare la lunga attesa, senza contare che al danno potrebbe aggiungersi anche la beffa. Ricordiamo, infatti, che la società Fora, incaricata di effettuare gli screening, dopo incontri e confronti con Regione Basilicata e Asp, ha fatto sapere di voler chiedere i danni per il mancato guadagno nel periodo di stop degli screening in questione”.
I segretari dei sindacati di categoria ricordano che, a causa dell’emergenza sanitaria, i particolari screening erano stati sospesi in attesa di un’organizzazione capace di garantire le necessarie misure anti contagio nei luoghi in cui bisognava eseguirli ma “dopo un indecoroso e paradossale scarica barile tra le parti il servizio è ancora bloccato e non sappiamo chi e perché, di fatto, ha privato le donne lucane di un servizio tanto prezioso per la tutela della salute”.
“La società Fora aveva chiesto alla Regione Basilicata indicazioni per la prosecuzione degli screening per utero e colon retto e, a sua volta, la Regione – hanno sottolineato Sannazzaro e Rosa- si era rivolta all’Asp affinché mettesse a disposizione della società i suoi locali così da far ripartire il servizio. Siamo, però, agli inizi di febbraio, gli screening non sono ripartiti e ancora non è chiaro chi dovrà prendersene la responsabilità. Alla magistratura chiediamo di fare tutti i necessari accertamenti e di verificare, quindi, i motivi per cui si è perso un anno di screening mentre alla Regione Basilicata chiediamo di dire con chiarezza se ancora ritiene importante continuare a fare prevenzione o se, invece, ha cambiato idea perché, anche questo, i cittadini lucani devono sapere. Di quanto accaduto se ne occuperà la magistratura ma anche la politica deve essere chiamata in causa ed il giudizio su chi governa la Regione, in questo caso come in altri, non può essere positivo. Le ragioni e giustificazioni di chi, ad ogni livello, ha cercato di spiegare il disservizio valgono zero davanti al dato di fatto: gli screening non sono ripartiti. Questo inconfutabile la dice lunga sulle capacità di mediazione e amministrazione di chi ci governa e riveste ruoli di responsabilità”.
– Chiara Di Miele –