Una legge che dia indicazioni precise ed omogenee, premialità ed indennizzi per i gestori uscenti e separazione tra vecchi e nuovi concessionari. Sono queste, in sostanza, le soluzioni migliori secondo l’avvocato Luigi Cusati di Sib Confcommercio Camerota per la crisi che sta travolgendo il settore balneare dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato le proroghe per le concessioni demaniali marittime.
“Far ricadere la pronuncia del Consiglio di Stato su tutti gli operatori è avventato – sottolinea Cusati -. Mi spiego: per norma le sentenze hanno efficacia diretta solo tra le parti del giudizio, quindi in questo caso la parte resistente ha avuto un problema effettivo nella gestione della concessione, ma l’effetto della pronuncia non si può estendere a tutta la categoria. Infatti ci sono state ulteriori pronunce che hanno consentito a chi aveva ottenuto la proroga di continuare legittimamente a svolgere il proprio lavoro fino a fine anno, anche perché rientra nell’interesse generale mantenere aperta un’attività economica e dare un servizio agli utenti, anche con il salvataggio, che ricordiamo è sempre a carico dei balneari”.
Ma il problema persiste, infatti allo scadere del 31 dicembre 2024 qualcosa dovrà cambiare per consentire ai balneari di poter proseguire la propria attività seguendo la direttiva Bolkestein.
“E’ inutile nascondersi – prosegue l’avvocato -. Dovrà comunque esserci una presa d’atto da parte del Governo che deve fare una normativa nazionale di recepimento della direttiva Bolkestein per consentire poi agli enti locali di fare i bandi in maniera omogena su tutto il territorio nazionale o bisognerebbe cambiare la direttiva, ma quest’ultima opzione è pressoché complicata. Siamo arrivati al punto in cui dopo quasi 20 anni di direttiva e mancato recepimento, gli organi giurisdizionali hanno preso posizione per cambiare le carte in tavola. Ci vuole una norma di riassetto per la situazione nel suo complesso. Gli enti locali non hanno più una leva normativa per concedere ulteriori proroghe, quindi non c’è una base giuridica per poter permettere a un balneare di restare un altro anno. E’ finita la fase di proroga e il problema è nazionale, perché c’è una direttiva europea che è di carattere generale, e di norma queste devono essere recepite dai Governi nazionali per legiferare, quindi il Governo deve dettare delle norme, ma se la direttiva non viene recepita si mette in condizione anche l’Europa di eseguire delle procedure di infrazione e di dare adito agli organi giurisdizionali, come il Consiglio di Stato in questo caso, di prendere posizione e dire che alcuni atti amministrativi non sono conformi alle direttive europee. Si pone quindi in contrasto l’interesse generale con il privato che a questo punto non sa più che pesci prendere, perché non ha neanche la possibilità di fare richieste non essendoci chi può accoglierle in base a una norma vigente”.
Dunque il problema risiederebbe proprio nell’assenza di una una norma che segua la direttiva europea del 2006: “La Bolkestein è composta da pochi articoli molto generali. Gli enti locali, senza una legge nazionale ben precisa si troveranno a fare dei bandi senza una direzione. E’ una grossa responsabilità: dovranno andare a disciplinare i requisiti di accesso al bando, il punteggio minimo che viene assegnato, le commissioni giudicanti e molto altro ancora. E cosa succede a chi ha già una concessione? Bisognerebbe quantomeno dargli un indennizzo per l’investimento fatto. Uno Stato come l’Italia che vive di turismo non può arrivare ad avere una situazione del genere. Chi dall’esterno vede i lidi solo come una fonte di provento evidentemente non si rende conto delle spese che i balneari si trovano ad affrontare, l’utile medio è del 20/25%, al netto di tutte le imposte e pagamento dei dipendenti. Pure per quanto riguarda il pagamento dei canoni, altro argomento di discussione: intanto li ha decisi il Governo e quindi il concessionario paga quello che lo Stato chiede. Il balneare deve essere messo in condizione di investire e di poterlo fare a lungo termine. Mettiamo che la concessione vada a gara e venga scalzato il vecchio concessionario, il nuovo arrivato deve fare un investimento, deve affrontare una spesa e dovrà pur riprendere il capitale investito. Intanto il concessionario precedente sta avendo una perdita perché ha la sua struttura e gli attrezzi che non servono più. I bandi poi durano 4/6 anni, quindi il nuovo balneare avrà la stessa sorte se non vince nuovamente il bando. E’ un cane che si morde la coda. I costi andranno inevitabilmente sull’utente finale, l’ombrellone non costerà più 20 ma 40 euro, perché chi investe deve avere un ritorno quindi si troverà costretto ad alzare i prezzi”.
Il settore balneare andrebbe quindi tutelato, perché quello italiano è un modello vincente ed un forte attrattore turistico, andrebbero salvaguardate le condizioni per favorire agli operatori del settore di investire riconoscendogli il giusto merito e agevolando il principio di tutela della concorrenza tenendo conto degli investimenti effettuati in precedenza. Ricordiamo infatti che i primi stabilimenti balneari sono nati da piccoli nuclei familiari che hanno messo in piedi delle vere e proprie aziende a conduzione familiare e che in gran parte vivono grazie al reddito che proviene da questo lavoro.
“Il titolo prima era pensato per essere a lungo termine, se adesso andiamo a fare questi bandi mettiamo in condizione soggetti con chissà quali capitali di andare a gestire il demanio con tutti i rischi che ne derivano, mettendo tra l’altro al lastrico tutti quei piccoli nuclei familiari che avevano avviato le attività. Si andrebbe a perdere anche il reddito delle piccole realtà per il subentro di grandi aziende – afferma Cusati -. Se è vero che la spiaggia è un bene di tutti, è vero anche che le aziende nate su quelle concessioni sono private e se lo Stato ha permesso di creare un’attività non deve poi metterla in condizione di chiudere. E’ giusto tutelare il demanio in quanto bene pubblico, ma anche l’attività come previsto dalla Costituzione, che garantisce il diritto al lavoro e all’impresa privata e in questo caso si va a garantire soltanto l’interesse pubblico ma non vengono garantiti altri diritti costituzionali”.
E per chi ha ottenuto la concessione, secondo Cusati, sarebbe utile effettuare dei controlli periodici per verificare la sussistenza dei requisiti per poterlo mantenere e chi non è in grado di gestirlo dovrebbe rinunciarvi. “Il concessionario che ha ottenuto il titolo deve gestirlo e se non è in grado deve cederlo a qualcun altro, non va mercificata la concessione facendosi ‘pagare un affitto’ – spiega Cusati -. Questo si è sbagliato in questi anni, si è mercificata la concessione balneare. Io mi metto nei panni dei concessionari onesti che hanno rispettato la legge, fatto servizio di vigilanza, pagato le tasse e si trovano adesso nella stessa condizione di chi ha solo sfruttato il titolo”.
Si attende in definitiva che il Governo metta mano in materia dando atto ad una normativa: “Auspico una scelta ponderata che tenga conto dei vecchi concessionari con almeno qualche anno di proroga e poi all’inizio del 2025 si può fare una norma che consenta di affidare in maniera trasparente le nuove concessioni. Facendo quindi una distinzione tra i vecchi concessionari, ai quali andrebbe concesso un periodo transitorio adeguato, e i nuovi che dovranno attenersi alla norma. Sarebbe a mio avviso l’unico modo per non creare sfaceli. Ritengo anche che gli enti locali siano stressati al momento, è stata trasferita a loro una responsabilità troppo gravosa. La situazione è diventata ingiusta. Capisco che la direttiva europea è nata da un consenso generale ma così non va bene. Urge un intervento dello Stato” conclude.