Nel Museo Archeologico “Elena D’Alto” di Atena Lucana è in corso di svolgimento la personale di Angelo Chirichella dal titolo “Legno in-forme”. Lo scultore 44enne originario di Sala Consilina è stato già protagonista di varie mostre, da Teano a Monreale a cura di Vittorio Sgarbi, da Genova a Capua, da Roccamonfina a Napoli, da Milano a Ferrara. Importantissime tracce della sua arte possono essere ammirate nella chiesa bizantina di Santa Maria dell’Assunta a Civita Cifti, paese calabrese di origini albanesi in provincia di Cosenza, dove realizzò il tabernacolo nel 2005 e, nel 2010, il monumentale coro ligneo intarsiato.
In occasione dell’esposizione “Legno in-forme”, abbiamo rivolto alcune domande ad Angelo Chirichella, per conoscere meglio questo talento del Vallo di Diano e il suo “credo” artistico.
- La tua ricerca espressiva passa attraverso la materia che manipoli, prevalentemente il legno. Lavori anche con altri materiali?
Sicuramente il legno è la materia che mi accompagna da sempre e mi continua a raccontare la sua storia ma non mi sono mai posto limiti nell’uso e nella manipolazione di altri materiali. Quello che più mi interessa sono il valore concettuale e il messaggio.
- Com’è avvenuta la tua formazione artistica?
La mia formazione è iniziata da bambino quando giocavo tra i trucioli nella bottega di mio padre che faceva il falegname e il restauratore. Poi ho seguito strade casuali e talvolta contorte, tra sperimentazioni, dubbi, e frequentazione di alcuni atelier di scultura. Indubbiamente la mia vera scuola è stata ed è il bisogno di comunicare la realtà che vedo.
- Nel 2007 ti sei trasferito a Barcellona, in Spagna, dove hai studiato i grandi catalani Gaudì e Dalì. Ritieni di esserne rimasto influenzato?
Sono partito per Barcellona per cambiare direzione ma ho finito per rafforzare la mia strada. I grandi maestri catalani fanno parte del tessuto sociale, artistico e urbano di quella regione, e ne sarei rimasto influenzato anche se non ne avessi conosciuto i nomi e le gesta. Aver avuto modo di studiare l’opera di questi Maestri, là dove hanno vissuto e dove hanno lasciato traccia di sé, è stato come studiare un uovo nel nido in cui è stato deposto. La traccia che mi hanno lasciato credo sia rintracciabile nella visione senza pregiudiziali dell’approccio artistico.
- Ci sono correnti artistiche alle quali ti senti filosoficamente più vicino?
Penso che oggi non vi siano correnti preponderanti e cicloniche alle quali si possa appartenere in toto. Piuttosto esiste una certa trasversalità nell’espressione artistica che porta ad una tumultuosa sperimentazione e alla ricerca di un’avanguardia che si sposta sempre più in là. Sicuramente la Transavanguardia è stata un movimento e un contenitore di idee che ha aperto nuove vie e che non può non essere preso in considerazione. Allo stesso modo non posso non citare artisti come Mario Ceroli, Giò Pomodoro, Igor Mitoraj o, per pescare ancora più indietro nel tempo, un maestro come Brancusi, che mi hanno influenzato e mi influenzano ancora.
- Venendo alla mostra in corso di svolgimento ad Atena Lucana, “Legno in-forme”, nella sinossi parli di un conflitto tra la materia e colui che la plasma affinché la materia stessa diventi significato dell’intuizione artistica. Tu come risolvi tale conflitto?
Il conflitto è un atto necessario durante il processo creativo. Quello con la materia è un confronto, che rappresenta simbolicamente lo sforzo dell’artista, mentre cerca nella realtà la scintilla del suo agire in arte. A un certo punto il conflitto si risolve in armonia; quando questo avviene non esiste più distinzione tra il concetto, la materia e il gesto, allora il lavoro scorre fluido perché sono diventato io stesso il materiale che plasmo.
- Nel Museo di Atena Lucana le tue opere lignee sono installate in un percorso espositivo che si snoda tra i reperti del passato. Epoche ed espressioni artistiche lontanissime tra loro: riescono a dialogare oppure si crea corto circuito e perché?
Nel percorso della mostra esiste certamente una relazione tra le opere esposte e il circostante. Nelle sale del museo i reperti archeologici ci raccontano cosa eravamo in epoche lontane, ci parlano di un territorio, di una cultura, fotografando qualcosa che conserviamo nel nostro DNA. Allo stesso modo, il legno ci racconta il tempo passato, nei suoi strati possiamo leggere la sua memoria e la sua versione dei fatti. Tutto questo crea una relazione ma anche un cortocircuito perché la manipolazione della materia è frutto della realtà contingente e di concetti relativi alla contemporaneità.
- Il legno è materia organica che, prima di essere lavorata, ha un vissuto esistenziale quale albero; la storia racchiusa nei suoi cerchi è paragonabile alla storia racchiusa nei reperti archeologici?
Tagliando un ciocco di legno è inevitabile osservare i suoi cerchi concentrici ed è altrettanto inevitabile non pensare alla sua vita da albero. Le sue stratificazioni ci parlano inoltre di quello che è avvenuto intorno ad esso, addirittura è possibile, in alcuni casi e in alcune condizioni, che un albero abbia la capacità di inglobare nella sua stessa materia oggetti frutto della manifattura umana. Direi che il legno stesso può considerarsi un reperto.
- Il legno informe diventa “Legno in-forme” grazie alla tua manipolazione e alla tua intuizione artistica. Ma la forma che dai al legno è già nel legno informe? Modelli tu Pinocchio o è nel legno, in attesa di essere sgrezzato?
La forma è senz’altro frutto e significato di un concetto, la volontà è necessaria per raggiungere il risultato finale. Pinocchio è nella mente, non è nel legno.
La mostra “Legno in-forme” può essere visitata fino al 6 gennaio 2020 presso il Museo Archeologico “Elena D’Alto” ad Atena Lucana.
– Carlo Maucioni –