Nella notte fra il 23 e il 24 febbraio di un anno fa la Russia di Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina. Da quelle terribili ore sono passati 12 mesi di violenza, distruzione e morte che hanno tenuto il mondo intero con il fiato sospeso giorno dopo giorno. Ad oggi non ci sono segnali di resa del fronte nemico e, tra bombardamenti e denunce di crimini bellici, la guerra va avanti. Migliaia di ucraini che non sono riusciti a fuggire dalla loro terra ne portano addosso i segni indelebilmente.
Un anno fa, allo scoppio del conflitto, abbiamo raggiunto telefonicamente Maria, insegnante di italiano e traduttrice medica che in passato ha vissuto nel nostro Paese. Viveva a Kharkiv, seconda città ucraina per popolazione fin dai primi giorni della guerra devastata dall’azione delle forze armate russe. Maria e suo marito si erano rifugiati nella cantina del loro palazzo per non perire sotto i bombardamenti, per poi accamparsi in bagno e nel corridoio di casa, le due stanze meno a rischio.
Nell’anniversario dello scoppio del conflitto l’abbiamo ricontattata per farci raccontare cosa è cambiato nella sua vita e in quella della sua famiglia in questi drammatici 12 mesi.
“Dopo 47 giorni di guerra siamo dovuti scappare nell’Ucraina centrale – racconta Maria -. Siamo stati con la famiglia di una mia studentessa che vive in campagna. Abbiamo rinnovato il lavoro online e abbiamo lavorato molto nel giardino e nel campo. Poi il nonno di mio marito ha telefonato e ha detto che si sentiva male. Era anziano e malato, aveva bisogno del nostro aiuto. Quindi abbiamo preso una decisione difficile e ci siamo spostati a Kyiv da lui. A partire da allora viviamo qui, ma di recente il nonno è morto. Siamo rimasti qui con lui anche quando i russi hanno cominciato a lanciare i missili per distruggere le infrastrutture del paese“.
“Ci sono stati giorni e giorni senza luce. Di conseguenza non c’era Internet e per questo avevamo paura di rimanere senza lavoro – continua Maria -. Siamo riusciti a risolvere questo problema. Mio marito ha dovuto trovare un’occupazione nuova e ora ripara attrezzi elettronici per poi venderli. Io continuo a insegnare online“.
Maria e suo marito sono rimasti vicini in questo anno di disperazione, senza però perdersi d’animo. Hanno continuato a lavorare, nonostante le immani difficoltà dettate dalla guerra, e il loro pensiero è sempre volto a Kharkiv. “La nostra casa nella regione di Kharkiv è indenne per ora. Regolarmente sento al telefono la mia vicina di casa, dice che dopo la liberazione della regione il numero di attacchi missilistici è diminuito anche se le esplosioni si sentono regolarmente – racconta -. Devo dire che anche qui a Kyiv abbiamo forti attacchi missilistici. Se prima succedevano ogni settimana ed erano molto intensi, ora non lo sono. Ultimamente, già da una settimana, non ci spengono la luce“.
Poi la rassegnazione a quanto sta accadendo e all’idea che, probabilmente, non avrà conclusione nel breve termine: “Tutti i nostri parenti hanno lasciato il Paese. Il nonno è morto. Capiamo che la guerra durerà alcuni anni, ma siamo preparati“.
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