“La scelta di colpire nostro padre, una personalità riconosciuta per il suo spessore scientifico e umano, è stata dettata da una volontà precisa di scioccare l’opinione mondiale e creare la sensazione del terrore nella comunità siriana”: non ha dubbi Waleed Asaad, figlio di Khaled al-Asaad, l’archeologo che ha pagato con la vita la difesa dei tesori della “Sposa del deserto”. Vittima anche lui della stessa milizia terroristica, che lo catturò insieme al padre per poi rilasciarlo dopo 6 lunghi giorni di violenze psicologiche e fisiche, Waleed ha portato la sua struggente e straordinaria testimonianza alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico insieme ai fratelli Fayrouz e Omar. “Questo corpo estraneo che si chiama ISIS – ha aggiunto – è stato creato ad arte perché si diffonda un’immagine negativa della religione islamica che, in realtà, è sorella del cristianesimo ed è basata sulla tolleranza. È un gruppo che ha adottato la politica dello shock per far invertire la tendenza dell’opinione pubblica”. Sulla possibile ricostruzione di Palmira si è soffermata la sorella Fayrouz: “Da archeologa sono convinta che è importante che il sito venga ricostruito, anche se alcuni importanti elementi sono andati totalmente distrutti e sarà difficile se non impossibile ricomporlo come era”. A strappare il secondo lungo e commosso applauso l’intervento del fratello Omar, che ha voluto ricordare che bisogna ancora rendere al padre l’ultimo omaggio: “Khaled era anche nostro amico e maestro, amava la sua gente e la città. Non vediamo l’ora di tornare Palmira per dargli la degna sepoltura”.
I tre archeologi hanno partecipato alla cerimonia di consegna dell’International Archaeological Discovery Award intitolato a Khaled al-Asaad, insieme alle numerose autorità internazionali ospiti della Borsa. Unico riconoscimento a livello mondiale dedicato alla scoperta archeologica dell’anno, il Premio è stato consegnato a Peter Pfälzner per il rinvenimento della grande città dell’Età del Bronzo nel nord dell’Iraq, situata presso il piccolo villaggio curdo di Bassetki. “Sono profondamente onorato per questo Premio – ha detto Pfälzner – che significa tantissimo per me sia dal punto di vista professionale e scientifico che personale: ho lavorato in Siria per 30 anni e ho avuto il piacere di lavorare insieme a Khaled”.
Possono i siti archeologici, anche e soprattutto quelli sotto la tutela Unesco come Pompei in Italia e Petra in Giordania, candidarsi a svolgere un ruolo nel processo di accoglienza dei migranti che bussano alle porte dell’Occidente? Sì, secondo Massimo Osanna, Direttore del Parco archeologico di Pompei:“Ho già avviato contatti con le prefetture: queste persone sono spesso portatrici di competenze che noialtri abbiamo smarrito”. L’annuncio di Osanna è arrivato nel corso del faccia a faccia, moderato dal Vice Direttore di Rai Cultura Giuseppe Giannotti, che il Direttore di Pompei ha avuto, nella Basilica Paleocristiana, con la Principessa Dana Firas, Presidente del Petra National Trust del Regno Hascemita di Giordania. “Il trust che presiedo – ha spiegato la Principessa Firas – è un’organizzazione non governativa e si muove lungo due direzioni: tutela e preservazione del patrimonio a disposizione e costruzione di un’identità condivisa legata al sito. È per questo che abbiamo avviato progetti che coinvolgono le giovani generazioni, andando nelle scuole a riprodurre la quotidianità dei nostri antenati”.
– Chiara Di Miele –