Costrette al silenzio. E’ questa, sintetizzata in poche parole, la nuova legge imposta dai talebani alle donne che vivono in Afghanistan. Un clima sempre più pressante e che minaccia il futuro del popolo afgano che vede le proprie libertà ridotte all’osso. Lo scorso agosto, infatti, è stato approvato dal Ministero per la Propagazione della virtù e la Prevenzione del vizio un testo di ben 35 articoli, di cui alcuni erano già messi in atto e che sono stati ufficializzati con l’entrata in vigore della legge. Tra gli articoli si legge che alle donne è vietato mostrare il loro corpo per evitare tentazioni, da qui nasce quindi l’obbligo di velarsi. Vietato poi guardarsi negli occhi con gli uomini con cui non sono imparentate. Considerata intima anche la voce, per cui la donna non può essere ascoltata in pubblico mentre parla, recita o legge.
Secondo un rapporto di Save the Children in Afghanistan vivono 44,5 milioni di persone: più della metà vive al di sotto della soglia di povertà. Un afgano su tre sta affrontando la fame a livelli critici o emergenziali. La crisi economica in corso, che ha causato disoccupazione, povertà e aumento dei prezzi dei generi alimentari, fa sì che molte famiglie sopravvivano per settimane con un solo pasto al giorno che spesso consiste in una zuppa, in un po’ di riso o semplice pane a acqua. La malnutrizione è diffusa in tutto il Paese.
Donne e bambini in Afghanistan costituiscono la maggioranza della popolazione sfollata e sono più esposti al rischio di sfruttamento e abuso. Attualmente nel Paese quasi un nucleo familiare su 3, formato da donne e ragazze, si affida a strategie di sostentamento “di emergenza”. Senza educazione le bambine e i bambini sono maggiormente a rischio di violenza, abusi e sfruttamento.
E’ facile da queste premesse dedurre che le promesse dei talebani, che avevano assicurato un Governo equo per le donne dopo la presa di Kabul, non sono state mantenute. E’ chiaro inoltre che la donna è diventata soltanto un mezzo utile alla procreazione, annullandone completamente la persona.
Siamo riusciti a metterci in contatto con due donne che vivono a Kabul, Shiba, di 25 anni e sua madre Sabra, di 49. Abbiamo chiesto loro, in un’intervista che ci hanno gentilmente concesso, di aiutarci a comprendere meglio il dramma che stanno vivendo e in che modo, da fuori, possiamo farci portavoce del loro appello, unendoci al loro grido per la libertà.
- Come vivevate prima che i talebani salissero al potere e cosa è cambiato dopo?
Prima che arrivassero i talebani tutte le persone avevano una vita relativamente buona: le donne avevano il diritto all’istruzione, avevano il diritto di svolgere i propri doveri e vivevano liberamente. Dopo che i talebani sono saliti al potere tutto è scomparso: alle donne è stato negato il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro e il diritto di poter uscire da casa. Siamo disoccupate, veniamo sfollate, non abbiamo più libertà e dobbiamo sottostare a regole rigide e disumane. Stiamo soffrendo ingiustamente, la situazione è drammatica. In passato eravamo sicuramente tutti più felici, si viveva una vita normale, non dovevamo preoccuparci ad esempio del nostro peso e riuscivamo a portare in tavola tre pasti al giorno. Adesso invece è impossibile, siamo preoccupati e stressati: non abbiamo soldi per comprare il cibo e a malapena riusciamo a dar da mangiare ai nostri figli, questo è il dolore più grande.
- Si sta cancellando la figura femminile dalla società?
Sì, è esattamente quello che sta accadendo. Le nuove leggi che i talebani hanno imposto alle donne afgane sono umilianti. Vogliono rimuovere tutte le donne dalla società con le loro leggi e ci stanno riuscendo. E lo sconforto più grande è arrivato proprio quando i talebani hanno annunciato che le donne non hanno più diritto all’istruzione e non possono andare a lavorare, non hanno il diritto di uscire di casa senza un Mahram (uomo con il quale una donna ha un legame, di sangue o di allattamento, che esclude il matrimonio – ndr) e addirittura non possono più esprimersi.
- Come spiegate il fatto che le persone non si ribellano?
Le persone, in particolare la classe femminile, hanno reagito più volte alla violenza dei talebani. La conseguenza è stata, sfortunatamente, che i talebani hanno portato le donne in luoghi sconosciuti con la forza e le hanno sottoposte a torture inimmaginabili, oltre a violentarle. Hanno persino invaso le loro case di notte. Gli uomini che hanno provato a far sentire la loro voce sono stati anche ammazzati. Queste azioni hanno fatto sì che le persone smettessero di ribellarsi e di protestare.
- Credete che il patrimonio culturale influenzi così tanto le persone da avere una visione distorta della realtà?
Sì, il patrimonio culturale di costumi e ‘false tradizioni’ portato avanti nel tempo ha avuto un impatto negativo sulle persone. Il risultato è che si crede a ‘teorie astratte’ e si ignorano i fatti.
- Pensate che le donne in Afghanistan siano tutte consapevoli della necessità di un cambiamento?
Alla fine del Governo repubblicano le donne nelle città e nei paesi avevano iniziato a studiare, erano tutte consapevoli dei loro diritti ed erano felici della loro libertà e della vita che conducevano. Sono quindi anche consapevoli che adesso il nostro Paese è diventato come una prigione, dove si vive per essere condannati. Vorremmo avere tutte la voce per riprenderci i nostri diritti e cambiare il volto della nostra Patria.
- L’Afghanistan ha un alto tasso di suicidio femminile. Avete paura per la sicurezza dei vostri cari?
La preoccupazione è ormai quotidiana. Ogni giorno dobbiamo impedire loro di togliersi la vita, che sia un familiare o una persona amica, perché ogni giorno è più pesante di quello precedente e fare i conti con la realtà è difficile. Non sempre si riesce a sopportare. Nel nostro piccolo cerchiamo di darci coraggio l’un l’altro. Naturalmente questo comporta anche una seria preoccupazione per il nostro futuro in quanto temiamo che possano arrivare, da un giorno all’altro, leggi ancora più dure che possano minare ulteriormente lo status attuale con conseguenze terrificanti.
- Avete la sensazione che il mondo resti indifferente? In che modo potremmo aiutare il popolo afgano?
Shiba: Se potessi realizzare la mia primissima richiesta, sicuramente sarebbe quella di eliminare il regime talebano. Siamo tutti testimoni che il resto del mondo non ha preso alcuna iniziativa per togliere dalle mani dei talebani i diritti di noi donne. La differenza tra restare a guardare e dare un aiuto concreto risiederebbe proprio nel fare pressione sui talebani per farci riavere indietro i nostri diritti e la libertà. Inoltre, un aiuto concreto potrebbe essere quello di accettare le nostre richieste di asilo politico, dandoci così la possibilità di metterci in salvo ed andarcene da un posto che per noi non rappresenta più “casa”. La mia richiesta è questa: sono una donna con tre figli, io e i miei figli non siamo autorizzati a studiare, questo non è un posto dove le ragazze possono acculturarsi né un luogo dove i ragazzi vanno a scuola. Gli insegnanti nelle scuole non sono lì davvero per insegnare. Chiedo quindi che possiamo essere aiutati a lasciare l’Afghanistan per giungere in un posto migliore, come l’Italia, per dare un futuro ai nostri figli affinché possano crescere liberi e senza la paura del futuro che li attende.