Sono numerosi i disagi dovuti, ormai da un anno, all’emergenza sanitaria. Tra questi figura senza dubbio la condizione dei più giovani, costretti da mesi a frequentare le lezioni scolastiche attraverso il monitor di un pc e ad una socialità quasi del tutto azzerata. Giocoforza sono aumentate le ore trascorse a navigare sul Web che, com’è noto, nasconde una serie di insidie e pericoli soprattutto per i bambini e per gli adolescenti. Adescamenti in rete da parte di malintenzionati, cyberbullismo e giochi online pericolosi sono solo alcune delle trappole in cui i giovanissimi possono inciampare se lasciati da soli per troppo tempo davanti a smartphone e pc.
Ne abbiamo parlato con l’Ispettore superiore Roberta Manzo che dirige la Sezione di Salerno del Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazione.
- Ispettore Manzo, attualmente i più giovani fanno un utilizzo massiccio del Web, soprattutto in seguito all’emergenza sanitaria. Quali sono i rischi maggiori che corrono?
“Il fatto che i giovani siano purtroppo sempre connessi li espone ai rischi che normalmente vi sono ma che in questo periodo si sono moltiplicati. Tra questi vi è soprattutto il pericolo dell’adescamento. Utilizzare i social o giochi come la PlayStation espone a contatti con persone che non si conoscono. Abbiamo constatato un aumento dei casi di adescamento online proprio perché anche i genitori adesso si sentono quasi costretti a far trascorrere più tempo ai propri figli dietro gli strumenti informatici perché è l’unico modo per tenerli in contatto con gli altri, visto che la socialità è venuta meno. Se prima i ragazzini erano maggiormente presi dalla scuola o dalle attività sportive, oggi anche noi genitori inevitabilmente gli consentiamo di restare connessi per più tempo e questo li espone a un maggior rischio anche di adescamento da parte dei pedofili. Inoltre abbiamo riscontrato un aumento di reati come l’interruzione delle lezioni. Con lo scambio dei link o consentendo l’accesso ad altri si interrompono le lezioni in DaD o vengono creati accessi abusivi ai sistemi informatici. Si riscontrano anche casi di cyberbullismo, perché il venir meno del contatto diretto aumenta anche il rischio di disturbare i coetanei attraverso gli strumenti informatici. Viene meno la percezione di chi ci sia dall’altra parte, l’offesa attraverso il pc o il telefonino scatena nel minore la mancanza di percezione del fatto che dall’altra parte vi siano dei suoi coetanei. Offendere o venire alle mani con una persona reale, anni fa, era una cosa più ristretta, mentre lo strumento informatico rende più semplice denigrare”.
- Generalmente come avviene un adescamento di un minore tramite social? Quali sono i campanelli d’allarme che anche un genitore potrebbe cogliere?
“L’adescamento normalmente avviene attraverso la creazione di falsi profili. Un adulto non si presenta quasi mai al minore con il suo reale profilo. Si utilizzano immagini false che fanno pensare di avere a che fare con i coetanei. Dopo un primo periodo di contatti che possono sembrare innocenti, la conversazione viene spostata su argomenti a sfondo sessuale oppure vengono richieste immagini o video di natura sessuale. L’attenzione del genitore deve sempre essere alta quando si tratta di account o profili non collegabili a persone conosciute. Bisogna sempre dire ai propri figli che le conversazioni devono avvenire con persone che si conoscono realmente, perché quando si accetta di avere un rapporto anche solo virtuale con qualche sconosciuto il rischio è elevato. Poi si deve cercare di capire il tenore delle conversazioni. So che è molto difficile controllare i figli adolescenti e i loro dispositivi, ma è necessario avere un dialogo aperto e un rapporto di fiducia con loro facendogli capire che qualunque cosa succeda è necessario parlarne, perché attraverso il confronto con i genitori i problemi avuti su Internet sono superabili”.
- Come si concretizza l’ipotesi di reato del cyberbullismo e attualmente quali armi abbiamo per contrastarlo?
“Il cyberbullismo si concretizza attraverso tutta una serie di attività vessatorie o di esclusione del minore. Lo si offende, lo si esclude dal gruppo classe o sociale frequentato, si creano falsi profili social finalizzati ad offenderlo o gruppi WhatsApp con lo stesso scopo. Le armi sono quelle della denuncia, i genitori devono sempre avere il coraggio di denunciare. Laddove i fatti non sono estremamente gravi è opportuno un confronto con la scuola, quando sono più gravi è necessario denunciare. La Polizia di Stato ha creato l’applicazione ‘You Pol’ che serve proprio a segnalare episodi di cyberbullismo oppure, attraverso il sito www.commissariatodips.it, l’operatore raccoglie la segnalazione, fornisce consigli e poi indica l’Ufficio di Polizia più vicino dove recarsi per sporgere denuncia”.
- Vista la vastità della provincia di Salerno sicuramente c’è tanto lavoro da fare. Qual è il caso che l’ha colpita di più?
“La provincia di Salerno è una delle più estese, abbiamo competenza da Scafati a Sapri. I casi che trattiamo sono i più disparati. Ma in questo momento storico mi preme molto l’aspetto psicologico dei ragazzini. Stanno vivendo una fase veramente terribile, hanno perso quello che per loro è fondamentale, la socialità. Stiamo ricevendo molto spesso telefonate da parte dei minori che a volte hanno problemi di connessione e altre problemi più gravi. Dietro le loro segnalazioni molto spesso c’è la difficoltà del momento che stanno vivendo e anche l’esasperazione. Ad esempio, perdere oggi l’account di un social network per loro diventa una tragedia, perché è un modo di avere un rapporto fuori dall’abitazione. Mi stanno colpendo molto queste telefonate che prima non ricevevamo. I minori non ci chiedono soltanto aiuto tecnologico, ma il loro è un allarme rispetto al momento difficile che stanno vivendo”.
– Chiara Di Miele –