Passa ai domiciliari don Livio Graziano, il parroco originario di Aversa e gestore di una colonia estiva in provincia di Avellino, arrestato nello scorso mese di ottobre dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Avellino con l’accusa di aver abusato sessualmente di un 13enne del Salernitano che aveva ospitato nella sua struttura a Prata Principato Ultra. Il sacerdote è stato scarcerato per le sue condizioni di salute incompatibili con il regime penitenziario.
Il papà del 13enne, dopo aver appreso dal figlio ciò che aveva subito, come si legge su “La Città di Salerno” si è rivolto agli avvocati Giovanni Falci e Sergio Maria Manzione per denunciare l’accaduto. Il prete scriveva continuamente al ragazzino, fino a quando ad ottobre, probabilmente dopo aver capito di essere nel mirino degli inquirenti, ha bruscamente interrotto le conversazioni. Secondo le indagini avrebbe abusato più volte di lui e la psicologa nominata dalla Procura ha ritenuto più che attendibili i racconti del giovane.
La sua scarcerazione, però, non è stata gradita dall’avvocato Falci, che la contesta. “L’indagine – spiega al quotidiano “La Città” – ha portato all’acquisizione di riscontri obiettivi dei fatti e ha determinato l’emissione della ordinanza cautelare in carcere per il pedofilo. Oltre che di natura sessuale, i riscontri hanno riguardato anche aspetti di tipo patrimoniale (centinaia di migliaia di euro in contanti nascosti all’interno degli armadi). Nel pc sono state ritrovate migliaia di video e foto pedopornografiche che il sacerdote mostrava e imponeva di vedere all’adolescente. Ovviamente, di fronte a un quadro indiziario così schiacciante, la misura del carcere è stata confermata dalle autorità giudiziarie che si sono interessate del caso. Ha escogitato il sistema per uscire dal carcere: ha fatto uno sciopero della fame che gli ha permesso di beneficiare degli arresti domiciliari, perché le condizioni di salute sono divenute incompatibili con il regime carcerario. Cari signori detenuti, non mangiate e tornerete a casa. In questa vicenda parliamo di un prete che non si è neanche pentito di quello che ha fatto. Parliamo di un prete che non ha chiesto perdono alla sua vittima, ma che si è impegnato a non mangiare per andarsene a casa“.
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