Circa il 10%/15% della popolazione mondiale soffre di acufene, noto anche con il nome di tinnitus, ovvero un disturbo uditivo che può riguardare una o entrambe le orecchie costituito da fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni che l’orecchio percepisce come fastidiosi tanto da influire sulla qualità della vita del soggetto che ne è affetto. L’acufene può essere causato o peggiorato dall’esposizione costante a rumori forti, dall’accumulo di cerume nel condotto uditivo, da sinusiti, da infezioni all’orecchio, da alcune malattie (malattie cardiovascolari, ipertiroidismo, ipotiroidismo, ecc.).
Ora, grazie ad una ricerca, pubblicata sulla rivista “Trends and Cognitive Sciences”e condotta dagli scienziati della Georgetown University Medical Center (GUMC) di Washington e dalla Technische Universität München (TUM) in Germania, si è scoperto che l’acufene ha la stessa origine neurologica del dolore cronico.
Infatti sia le reti neurali che controllano i segnali di rumore sia quelle che controllano i segnali di dolore possono alterarsi, portando alla percezione cronica di queste sensazioni. Le aree cerebrali responsabili dell’acufene e del dolore cronico sono soprattutto il nucleo accumbens, la corteccia prefrontale ventro-mediale e la corteccia cingolata anteriore. Queste sono aree coinvolte nella valutazione e nella modulazione delle esperienze emotive. Agiscono come un sistema di controllo per le sensazioni percettive, che valuta il significato affettivo degli stimoli sensoriali e modula il flusso di informazioni nel cervello. L’acufene e il dolore cronico si manifestano quando questo sistema è compromesso.
A partire da questa scoperta, la speranza è quella di identificare terapie risolutiveche agiscano all’origine dell’acufene e del dolore cronico; l’idea di fondo è che così come possono verificarsi cambiamenti che favoriscono la percezione di acufeni e dolori, si può anche pensare di ripristinare, attraverso nuovi farmaci, i centri di controllo, tenendo presente che il funzionamento di questi centri è legato a neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina. Però siamo appena all’inizio: sono necessarie molte altre ricerche per avere delle certezze.
Bibliografia: www.lastampa.it – www.news.fidelityhouse.eu – www.centrometeoitaliano.it
Farmacia 3.0- Rubrica a cura del dott. Alberto Di Muria