Il 25 novembre ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data non è stata scelta in modo casuale. E’ il ricordo di un brutale assassinio, avvenuto nel 1960 nella Repubblica Dominicana, ai tempi del dittatore Trujillo. Le tre sorelle Mirabal, considerate rivoluzionarie, furono torturate, massacrate, strangolate. I loro corpi furono buttati in un burrone così da simulare un incidente.
Abbiamo voluto raccogliere informazioni da sottoporre ai nostri lettori.
I dati dell’Onu rivelano che il 35% delle donne nel mondo ha subìto una violenza fisica o sessuale, dal proprio partner o da un’altra persona. Il rapporto sottolinea anche che due terzi delle vittime degli omicidi in ambito familiare sono donne.
Nel mondo solo 119 Paesi hanno approvato leggi sulla violenza domestica e 125 sul “sexual harrassment” (le molestie a sfondo sessuale). Dalla ricerca Onu arriva anche la conferma che prosegue la discriminazione in ambito lavorativo tra uomini e donne. I tassi di disoccupazione rimangono più elevati per le lavoratrici, le donne occupate a tempo pieno, nella maggior parte dei Paesi, hanno uno stipendio che va dal 70% al 90% di quello dei colleghi maschi.
In Italia, secondo i dati Istat di giugno 2015, più di 6 milioni di donne hanno subìto nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale. Si tratta del 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, quasi una su tre. Negli ultimi 5 anni sono leggermente diminuite le violenze fisiche o sessuali, ma è, invece, aumentata la percentuale dei figli che vi assistono.
Questo il quadro drammatico di fronte al quale ci troviamo oggi, 25 novembre.
I mezzi di informazione hanno il dovere di sensibilizzare, denunciare, fornire momenti e spunti di riflessione. Ondanews oggi vuole fare proprio questo.
Pensiamo alle violenze che quotidianamente si consumano tra le mura domestiche, all’angoscia di tante donne che hanno paura. Paura di uomini prepotenti, non abituati al dialogo, di famiglie che non ascoltano, di vicini ed amici che giudicano e che, magari, “puntano il dito”. Nascono, allora, sensi di colpa e di inadeguatezza, un’infinita e pericolosa solitudine. La solitudine: è questo il nemico da sconfiggere. Nessuna donna deve sentirsi sola di fronte alla violenza.
E’ necessaria, oggi più che mai, la creazione di una rete tra cittadini, Associazioni, Istituzioni, Forze dell’Ordine, che lavori con impegno e dedizione per abbattere i muri del silenzio, dell’omertà e della paura.
Non mancano in Italia le leggi per combattere la violenza contro le donne, disciplina ulteriormente rafforzata dal Decreto Legge 93 del 2013 sulla violenza di genere, convertito nella Legge 119 del 15 ottobre 2013.
Qual è, dunque, l’anello mancante della catena? E’, probabilmente, quello che può racchiuso in una parola: consapevolezza. Consapevolezza del diritto ad amare ed essere amate senza atti di sottomissione che annullino la personalità, le aspirazioni, i sogni, consapevolezza del proprio ruolo nella società, consapevolezza che, di fronte alla violenza, è necessario parlare e denunciare.
Una rivoluzione culturale è possibile, iniziando dal mondo della scuola. Una rivoluzione forse lenta, difficile, ma assolutamente possibile, un cambiamento che parta dalle nostre città, dai nostri paesi, dai nostri quartieri, dalle nostre famiglie e che riesca a cancellare i pregiudizi e l’ignoranza.
E allora il sacrificio delle sorelle Mirabal non sarà solo il ricordo di un fatto passato, ma sarà segno di speranza per un domani diverso. Un futuro di vera libertà.
– Filomena Chiappardo –