“Coloro che decidono di diventare utenti [di social network] sono ben consci non solo delle grandi potenzialità relazionali offerte dal sito, ma anche delle potenziali esondazioni dei contenuti che vi inseriscono: rischio in una certa misura indubbiamente accettato e consapevolmente vissuto”. Così la quarta sezione del Tribunale di Monza si era espressa nel 2010 sui diverbi nati su Facebook che sempre più spesso continuavano nelle aule di giustizia. L’errore era di giurisprudenza che, almeno inizialmente, aveva sottovalutato l’impatto della comunicazione online e confidato nella capacità di autoregolamentazione degli utenti. Attese (o superficialità legislativa?) disilluse, tanto da “costringere” il Ministero della Giustizia a rilasciare circolari ad hoc per regolare le condotte degli internauti. Perfidie e antipatie espresse indecorosamente, oltre il limite della decenza: “Si ricorda – sottolineava lo Stato nella nota 11050 del febbraio 2015 – che il diritto di manifestazione del pensiero e di critica […] soggiace a determinati limiti“.
Si rendeva necessaria una Dichiarazione dei diritti in Internet, importantissima in una società in cui pubblico e privato sono conviventi, i confini cancellati e le possibilità espressive e lavorative ampliate. La carta è oggi realtà ed è stata presentata lo scorso luglio da Laura Boldrini, presidente della Camera, e Stefano Rodotà, presidente della commissione scientifica che l’ha stilata. Il testo sull’internet governance afferma i diritti individuali fondamentali, riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU, in una dimensione sovranazionale e si compone di 14 articoli, vagliati dai componenti dei Parlamenti dei Paesi membri UE.
“Ogni persona – recita l’articolo 4 – ha il diritto che i dati trasmessi e ricevuti in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone”. La dichiarazione, oltre a garantire dignità, libertà, eguaglianza e accesso alla rete superando il digital divided, sottolinea l’importanza della sicurezza sul web. I due commi dell’articolo 13 recitano infatti: “La sicurezza in Rete deve essere garantita come interesse pubblico, attraverso l’integrità delle infrastrutture e la loro tutela da attacchi, e come interesse delle singole persone. Non sono ammesse limitazioni della libertà di manifestazione del pensiero. Deve essere garantita la tutela della dignità delle persone da abusi connessi a comportamenti quali l’incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza“.
– Gianpaolo D’Elia –