Il concetto di ambiente, le caratteristiche del territorio valdianese, le peculiarità legate alla flora selvatica e non solo ed i possibili progetti di sviluppo e valorizzazione. Sono alcuni dei temi di cui abbiamo parlato con il prof. Nicola di Novella, naturalista, farmacista e geobotanico, residente a Sassano.
- Che importanza hanno oggi i concetti di natura ed ambiente?
“Siamo nell’epoca che rincorre le specializzazioni, perdendo di vista il generale. La flora è il vestito verde del pianeta, mentre la geografia è, letteralmente, la scrittura della terra e gli scrittori sono la natura e l’uomo. La conoscenza di ciò è fondamentale e tutti dovrebbero essere in grado di leggere. La vita è frutto del caos, ma l’uomo vuole pianificare senza avere le conoscenze. Oggi, purtroppo, la cultura è compresa in 3 metri e mezzo, cioè la distanza globale tra il divano e la tv e tra l’uomo ed il monitor del pc. Anche la scuola è colpevole perché l’educazione ambientale si dovrebbe assolutamente studiare. Bisogna partire dalla percezione dell’ambiente intorno a noi e comprenderlo. E il discorso vale anche per il Vallo di Diano”
- Qual è il passato del Vallo di Diano a livello ambientale? E quale il presente?
“La bonifica del Vallo fu effettuata dai romani, ricercatori di pianure. Con l’invasione dei barbari, poi, gli abitanti si sono spostati in collina, creando il castello geografico e poi quello materiale. Oggi c’è una nuova migrazione finalizzata a riconquistare la pianura. Per quanto riguarda i Comuni valdianesi, i Piani Urbanistici Comunali sono fatti male, senza conoscenza del contesto. Gli amministratori stessi non conoscono i confini del proprio territorio. Ogni comune dovrebbe avere delle guide naturalistiche, perché se il turista non può fare una passeggiata nella natura, resta ben pochi giorni nel Vallo”
- Ci sono delle peculiarità floreali che caratterizzano il Vallo di Diano?
“Sono diverse. Basti pensare che le specie di piante vascolari, cioè tutte ad eccezione di alghe e muschi, in Italia sono circa 6000 di cui 2031 nel nostro Parco e 1400 nel solo Vallo di Diano. Questo rappresenta una ricchezza per il comprensorio. Le orchidee, per esempio, sono una materia prima di sviluppo per il territorio. C’è il Museo delle erbe e quello delle antiche coltivazioni, dedicato alle piante che scompaiono e che bisogna salvaguardare. C’è l’abetina di Monte Motola e località Corticato che rappresentava la fonte di grano di Teggiano, prima che l’economia si orientasse sulla produzione del latte, facendo venir meno quel valore. A Padula c’è il castagno più grande del Vallo e non solo. L’ente Parco, per conservare i semi del territorio, ha dato vita al gruppo dei “coltivatori custodi”, di cui faccio parte. I Comuni del Vallo di Diano che programmi hanno in tal senso?”
- Su cosa si dovrebbe puntare?
“Gli elementi fondamentali sono 4, cioè acqua, terra, uomo rurale e paesaggio. Si dice, giustamente, no al petrolio ma poi non si ha un definito progetto di sviluppo. La vera industria è quando si fa riferimento alla materia prima del proprio territorio. Si dovrebbe puntare sui giovani e sulla trasformazione dei prodotti, creando piccole filiere su prodotti trasformati. Alcuni ragazzi del posto stanno producendo pane, pasta e biscotti, con grani antichi, attraverso semi prodotti in montagna ed utilizzando il mulino a pietra. Il grano valdianese potrebbe offrire sviluppo. La ferrovia aveva senso, tra le altre cose, perché serviva a trasportare proprio il grano verso Salerno e Napoli. Il paradosso è che 100 anni fa si puntava su questo prodotto, mentre oggi non lo si fa più ed il bosco si sta riprendendo la vallata”
- Come studioso quanto si sente coinvolto dalla e nella realtà valdianese?
“Faccio il mio lavoro e svolgo la mia attività quotidiana al meglio. Mi spiace solo che in molti casi gli amministratori non siano in grado di comprendere in pieno i progetti e molte volte li intendano come una volontà di ostacolare le proprie attività”.
– Cono D’Elia –