L’infarto colpisce in maniera improvvisa e le persone si accorgono a volte troppo tardi di quanto sta accadendo con conseguenze in alcuni casi fatali. Il futuro però potrebbe essere diverso, un gruppo di ricerca promette infatti che basterà un prelievo di sangue per capire se la persona è o meno a rischio infarto.
La possibilità di sapere in anticipo se avremo o meno un attacco cardiaco è legata alla scoperta che nel plasma di molti di coloro che sono destinati a questo evento infausto è presente una molecola di grasso, un monogliceride, direttamente legata alla comparsa della malattia coronarica (coronaropatia). L’importante scoperta si deve a un gruppo ricercatori dell’Università di Uppsala (Svezia), dell’Istituto Karolinska di Stoccolma e della Colorado State University (USA). Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos Genetics.
Nel lavoro, da ritenersi ampiamente attendibile in quanto è stato condotto su varie popolazioni di persone arrivando sempre allo stesso risultato, gli esperti hanno esaminato campioni di sangue raccolti da oltre 3600 individui il cui stato di salute è stato poi monitorato e tenuto sotto osservazione per i 10 anni successivi. Il sangue di ciascuno è stato passato al setaccio con modernissime e sofisticate tecniche di medicina molecolare ed è stata catalogata una lunga lista di molecole (metaboliti) in esso presenti.
Gli esperti hanno identificato in tre gruppi di popolazioni due molecole di grasso che riducono il rischio di sviluppare malattia delle arterie coronariche (lisofosfatidilcolina e sfingomielina). Poi hanno isolato una terza molecola, un monogliceride, a sua volta un grasso, associata, al contrario, a un maggior rischio di malattia coronariche favorenti l’infarto.
I metaboliti grassi isolati nel sangue potrebbero in futuro rivelarsi utili per stimare il rischio individuale di malattia cardiovascolare con un semplice prelievo di plasma. Inoltre gli studiosi sono adesso al lavoro su esperimenti volti a verificare se il monogliceride abbia un ruolo causale nello sviluppo della coronaropatia. Se così fosse, da qui si potrebbe partire per sviluppare nuove e più efficaci terapie preventive.
Bibliografia: www.corriere.it – www.universita.it – www.grenme.it
Farmacia 3.0 – Rubrica a cura del dott. Alberto Di Muria