È stato presentato questa mattina a Sala Consilina dal Comitato “Se non ora quando? – Vallo di Diano” il violentometro, un segnalibro social di supporto a chi subisce violenze e molestie che da oggi è possibile trovare nelle farmacie valdianesi.
La lotta alla violenza contro le donne ha soprattutto bisogno di prevenzione e per questo motivo è necessario utilizzare qualsiasi strumento, anche il più semplice, per raggiungere le vittime. All’interno del violentometro è inserita una serie di frasi che rappresentano atteggiamenti quotidiani indicatori di violenza psicologica e fisica.
Nel violentometro in un crescendo cromatico indicativo della pericolosità della relazione si elencano alcuni gravi comportamenti: alla base ci sono gli insulti, a metà lo stalking e al termine la violenza fisica fino all’omicidio. “Ti controlla, ti proibisce”, “distrugge i tuoi effetti personali”, “ti pizzica, ti graffia”, “ti rinchiude, ti isola”, “abusa di te sessualmente” sono solo alcuni degli atteggiamenti riportati.
L’iniziativa è stata lanciata lo scorso anno dal Comitato presieduto dall’avvocata Rosy Pepe nell’Istituto Superiore “Cicerone” di Sala Consilina rivolgendosi ai più giovani. Quest’anno, invece, il movimento punta a raggiungere altre fasce della società rivolgendosi alle farmacie, luogo dove spesso molte vittime di violenze possono recarsi. Prossimo step dell’iniziativa sarà quello di coinvolgere i medici di base del comprensorio.
Uno strumento utile, gratuito, che porta innanzitutto all’autoconsapevolezza: la lettura infatti induce alla riflessione anche chi è vicino a persone che possono trovarsi in condizioni di pericolo. Ogni frase permette di analizzare anche i segnali che possono essere sottovalutati. Sul segnalibro è inoltre inserito il numero nazionale anti-violenza 1522.
“L’idea nasce durante una notte turbolenta a Roma mentre ero in taxi – ha spiegato l’avvocata Rosy Pepe – Ho visto un’immagine forte e ho pensato subito a qualcosa di similare nel nostro movimento che potesse aiutare le donne a capire il grado di violenza che subiscono. Lo scorso anno è stato presentato al ‘Cicerone’, i ragazzi hanno accolto positivamente l’iniziativa e le ragazze soprattutto si sono mostrate attente. Abbiamo poi proseguito a Cava de’ Tirreni e a Colliano. Quest’anno abbiamo puntato alle farmacie riscontrando positiva sensibilità alla tematica”.
Alla presentazione erano presenti alcune socie del Comitato: Maddalena Robustelli, Violetta Marrone e Rosina Braiotta.
“La scuola è il primo trampolino, tocca ai medici ora sensibilizzare – afferma Maddalena Robustelli – ma anche l’opera dei media è fondamentale per veicolare i messaggi giusti. E’ necessario fare un lavoro di autostima sulle giovani donne, per evitare di finire in un rapporto squilibrato”.
Un fatto prettamente culturale che induce anche a riflettere “sulla necessità di educare i nostri giovani all’affettività”.
L’avvocata Pepe si è poi soffermata sull’aspetto giuridico attuale: “Le cose stanno cambiando e in meglio: i magistrati dimostrano sensibilità e si stanno rendendo conto che è possibile applicare misure cautelari dopo la denuncia e questo induce la vittima a sentirsi motivata nell’andare avanti. Tutto ciò a differenza di 7/8 anni fa quando nonostante numerose denunce non c’era nemmeno un divieto di avvicinamento. Penso infatti ad una mia assistita che qualche anno fa, dopo essere stata minacciata con un bisturi alla gola, ha dovuto cambiare paese mentre era in corso il procedimento. Giustizia riparativa? Rientra nella riforma Cartabia ma per noi del settore non è ben accetta. Non possiamo mediare con chi magari per anni ha abusato di una persona anche se mi è capitato una volta in un caso”.
“Gli uomini si facciano un esame di coscienza: invece di uno schiaffo donate un fiore – è il monito conclusivo della Pepe – l’auspicio è che i giovani sappiano recepire il seme del rispetto”.
“Quello che facciamo noi è una goccia nell’oceano – ha concluso invece Robustelli – se interagiamo tutti, scuole, Carabinieri, famiglie, centri, possiamo combattere la violenza a 360°. Occorre un lavoro comune”.