E’ sempre più alta, in Italia e in Europa, l’attenzione verso il mondo delle auto elettriche, anche se questa tipologia di mobilità fa fatica a decollare nel nostro Paese. Nei primi otto mesi del 2024 le vendite nell’Unione europea si sono fermate al 12,6% del totale (dati Acea), in calo di un punto percentuale rispetto allo stesso periodo del 2023. L’Italia è agli ultimi posti tra i principali mercati, sotto il 4% contro il 16,7% della Francia e il 12,7% della Germania. Nonostante i diversi timori del momento, nel Rapporto sulla mobilità elettrica e sui relativi scenari futuri elaborato dal Politecnico di Milano si delinea la previsione del mercato italiano al 2030: entro questo decennio un’auto su sette sarà elettrica e le nuove immatricolazioni di auto elettriche saranno oltre la metà del totale (55%).
Ne abbiamo parlato con il Professore Mario Grosso, Ingegnere ambientale e docente al Politecnico di Milano. Si occupa di gestione dei rifiuti, di tecnologie per il recupero e il trattamento, di analisi del loro ciclo di vita. Svolge la sua attività di ricerca anche presso il Centro Studi e Ricerche “MatER” (Materia & Energia dai Rifiuti) nell’ambito del Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza (LEAP).
- Con l’elettrificazione delle auto si punta ad andare incontro al progresso. Dal suo punto di vista quali sono i vantaggi?
Si tratta di vantaggi a 360°. Il principale è quello ambientale. C’è accordo da parte di chi studia i grandi problemi dell’ambiente sul fatto che, anche per il cambiamento climatico in atto, c’è la necessità di arrivare a smettere di utilizzare i combustibili fossili. Quella dell’elettrico è una tecnologia, già oggi ampiamente disponibile commercialmente, che permette di muoversi senza dover ricorrere ai combustibili fossili. L’energia elettrica è un vettore energetico su cui tutti convergono sia necessario puntare, non solo per la mobilità ma anche per tutto ciò che attualmente viene alimentato con i combustibili fossili, come ad esempio il riscaldamento delle abitazioni. Non si può non considerare, inoltre, il vantaggio legato alla qualità dell’aria a livello locale, che spesso si tende a dimenticare.
- E gli svantaggi?
Più che svantaggi esistono delle necessità di cambiare il proprio approccio alla mobilità. Siamo abituati che, quando il serbatoio è vuoto e abbiamo improvvisa emergenza di spostarci, facciamo qualche km e ci troviamo al primo distributore di carburante. Con un minimo di programmazione, sebbene ci siano delle tempistiche più dilatate, anche con un’auto elettrica è possibile farlo. Al giorno d’oggi l’equivalente di un distributore di benzina è la colonnina di ricarica rapida che, massimo in 20/30 minuti, permette di fare una ricarica importante e sono diffuse a livello capillare quasi dappertutto rispetto a qualche anno fa. Poi esistono problematiche geopolitiche: altri Paesi si sono mossi meglio e più in fretta rispetto all’Italia sul tema dell’elettrico. Noi stiamo facendo delle battaglie di retroguardia non promuovendo lo sviluppo tecnologico e l’innovazione. E’ un po’ come combattere contro i mulini a vento, ma la direzione verso cui andare è quella dell’elettrico.
- Sono dunque queste le motivazioni che spingono il desiderio di elettrico da parte del consumatore a calare nel tempo?
C’è una narrazione di fondo, che viene anche dai social, in cui si enfatizzano alcune criticità che ogni tanto emergono, facendole diventare un caso. L’esempio classico è l’incendio dell’auto. Qualsiasi veicolo ogni tanto brucia: statisticamente le auto termiche bruciano molto di più, ma quando succede ad una elettrica si monta il caso. La gente, che solitamente non ama cambiare le proprie abitudini, crede alle notizie che la rincuorano in tal senso e che la spingono a non cambiare abitudine. E’ chiaro che i costruttori fiutano questa situazione e un po’ la cavalcano. Fin quando avremo costruttori che vendono sia l’auto a combustione che quella elettrica che interesse hanno di ammazzare in fretta il veicolo convenzionale? Nessuno! In questa prima fase l’idea è quindi di far acquistare le auto elettriche a chi ha maggiori disponibilità economiche per farci più margine.
- Quando si discute di auto elettriche spesso si sente dire che non inquinano mentre circolano ma che la loro costruzione provoca emissioni inquinanti. Quanto c’è di vero?
Gli studi dimostrano che un’auto elettrica, considerata la produzione e il fine vita, ha un impatto complessivo di inquinamento (di CO2 in particolare) che va dalla metà a un quarto di quello del veicolo convenzionale. Pertanto è sbagliato dire che l’auto elettrica è ad impatto zero, perché in realtà non esiste nulla al mondo che abbia un impatto zero. Il fatto che però non abbia un tubo di scarico incide molto sull’impatto sulla salute e sulla mortalità legata all’esposizione agli inquinanti atmosferici, fattore tutt’altro che trascurabile. La valutazione locale, quindi, non è da tralasciare affatto.
- Il processo di smaltimento delle batterie esauste è un altro argomento su cui spesso si fa leva. Cosa può dirci in merito?
Questo è un altro tema che viene un po’ cavalcato. E’ sicuramente vero che la batteria di un’auto elettrica necessita di materiali molto particolari, tipo il manganese, il nickel, il cobalto (ma quest’ultimo non sempre). A fronte di queste componenti ce ne sono tantissime altre che mancano rispetto ad un’auto normale, perché non ci sono il cambio, la frizione, la marmitta catalitica e tutto il complesso sistema di trattamento dei gas di scarico, il sistema di distribuzione, filtri e pompe varie. Il bilancio va fatto dunque al netto. E’ chiaro però che la gestione del fine vita delle batterie è un tema importante. I fatti ci dicono che le batterie attuali, pur avendo una chimica di base non tanto diversa da quelle dei cellulari o dei PC, hanno un sistema di gestione che ne permette una vita utile molto più lunga. Io ho un veicolo elettrico di 8 anni e con 250mila km senza alcun segno di affaticamento o cedimento della batteria. E’ più probabile che si rompa l’auto e non che si esaurisca la batteria. Ciononostante, una batteria degradata contiene ancora tutti i componenti che sono pronti per essere riciclati grazie a tanti processi già attivi e altri in fase di sviluppo. Quando arriverà la prima grossa ondata di batterie da riciclare queste tecnologie saranno ampiamente disponibili. Inoltre, prima di arrivare al riciclo, una batteria non più idonea per essere utilizzata su un’auto a causa della bassa autonomia può servire a fare da accumulo in parchi eolici o fotovoltaici, ma anche a livello domestico. Riciclare le batterie sarà un grosso business, perché hanno un elevato valore che non si perde grazie agli elementi che le compongono e questo ci emancipa anche da chi detiene questi stessi elementi, come ad esempio la Cina.
- Al di là dell’elettrico lei crede che si sarebbe potuta sviluppare un’idea diversa per far fronte alla decarbonizzazione?
Abbiamo studiato sia i biocombustibili che gli elettrocombustibili. I primi possono avere senso ma a livello di numeri molto bassi, perché stanno in piedi solo se vengono prodotti da uno scarto. Si tratta di mercati di nicchia che possono esistere, ad esempio per aiutare un parco auto più vecchio nella sostituzione. Produrre invece gli elettrocombustibili, in cui inseriamo anche l’idrogeno, comporta un consumo energetico enorme e questa è una grossa limitazione. Se noi avessimo tanta energia rinnovabile in eccesso da poterla dirottare in questa direzione si potrebbe anche optare per gli elettrocombustibili, ma dato che non ci troviamo in questa condizione allora questa alternativa è prematura. Ricordiamo sempre che noi stiamo perdendo per strada tantissima energia, abbiamo ancora un sistema che genera tantissimi sprechi.
- Un suo libro si intitola “L’ultima auto a benzina”. Lei crede allo stop della vendita di auto termiche nel 2035?
C’è qualcuno che l’ha definita la “linea del Piave”, un evento simbolico che va difeso con i denti. Ciò però vuol dire semplicemente che dal 2035 non si potranno più immatricolare auto termiche e non che non potranno circolare. Io non la vedo una cosa peregrina, ma come tutte le grandi rivoluzioni incontra delle forme di resistenza molto forti. Pur investendo sul nuovo, le persone cercano sempre di tirare il vecchio per le lunghe. Questo è umano! Io però questa data la vedo abbastanza salda, anche se la geopolitica ci apre scenari diversi. Auspico dunque ci sia la volontà di tener duro e che la domanda dei consumatori sostenga questa tendenza, nonostante tutte le fake news che girano. In conclusione, non bisogna dimenticare che, se si ha la possibilità di avere un proprio impianto fotovoltaico, la mobilità diventerebbe per buona parte a costo zero, senza dover subire le variazioni del prezzo del petrolio. Questa è una prospettiva davvero accattivante!