Momenti di forte emozione questa mattina per la XXI edizione del Premio Internazionale “Joe Petrosino” svoltasi presso la Sala del Refettorio nella Certosa di San Lorenzo a Padula.
Il Premio, organizzato dall’Associazione Internazionale “Joe Petrosino”, assegna ogni anno il prestigioso riconoscimento a personalità che si sono distinte nella lotta alle mafie.
I premiati sono stati distinti per categorie: in quella dedicata ai magistrati il riconoscimento è stato consegnato a Maria Francesca Mariano, Giudice per le Indagini preliminari di Lecce e a Carmen Ruggiero, Pubblico Ministero Antimafia presso la Procura di Lecce. Entrambe vivono sotto scorta per minacce giunte a seguito di alcune misure adottate nei confronti di esponenti della Sacra Corona Unita.
“Questo Premio mi emoziona – ha affermato la dottoressa Ruggiero rivolgendosi soprattutto agli studenti presenti – sono un Pubblico Ministero che si occupa di indagini contro la criminalità organizzata a Brindisi dove si lavora a stretto contatto con le Forze dell’Ordine, è un rapporto di fiducia. La Polizia, i Carabinieri e la Guardia di Finanza sono gli occhi e le orecchie del pm e grazie al loro acume investigativo si giunge ad un risultato. Conosco il sacrificio personale delle famiglie. Accetto questo riconoscimento a nome di tutti i colleghi, è un sostegno. Vivo una forte limitazione della mia libertà per alcune misure ma è il prezzo che ho scelto di pagare. La mafia cerca il consenso sociale con mezzi facili: ‘ti dò soldi’, ‘ti trovo lavoro’ e altre promesse. Non accettate, il carcere è lacrime e sangue, sacrificatevi, siate voi il baluardo della legalità, scegliete vie difficili”.
Parole rivolte ai giovani anche da parte della dottoressa Mariano, che è anche drammaturga e scrittrice. A tal proposito ha consegnato all’associazione un suo scritto incentrato proprio sulla figura di Petrosino: “Non sono incline a ricevere premi – ha affermato – mi mette a disagio, facciamo il nostro lavoro in maniera coerente perché lo Stato questo si aspetta da noi, ma è soprattutto la nostra coscienza a chiederlo. Probabilmente sono gli adulti che devono essere rieducati, bisognerebbe parlare di etica della rinuncia, della politica del NO, ma anche di coraggio e dignità. Le mafie hanno una caratteristica comune ossia colonizzano i territori e la libertà dell’individuo. Vi chiedo di difendere la libertà, siate padroni di voi stessi. La mafia vampirizza, non si può dire ‘fatti i fatti tuoi’ ma occorre parlare, denunciare. Nella vita ci si abitua anche a subire il male e l’ingiustizia ma bisogna reagire a tutto ciò che ci vampirizza”.
Per la categoria testimoni di giustizia sono stati premiati i coniugi Antonino Candela e Francesca Inga. Entrambi hanno raccontato le ingiustizie subite mentre erano titolari di un ristorante, come ad esempio l’usanza di alcuni esponenti della mafia di alzarsi dopo aver consumato senza pagare e di bivaccare costantemente all’interno del locale allontanando la clientela. Antonino si ribella senza paura, capisce che la logica mafiosa punta a tentare di svalutare i loro sacrifici per appropriarsene, ma il peggio è dietro l’angolo: diventano loro malgrado testimoni di due omicidi dinanzi al loro locale. Dopo un viaggio decidono di fare il proprio dovere e fornire dettagli alla magistratura diventando così testimoni di giustizia.
“Dinanzi a noi si era prospettata una vita brutta – ha raccontato Candela – vivevamo sotto falso nome, eravamo cancellati dalla faccia della terra, la nostra famiglia non ha voluto più parlarci”. Grazie al loro sacrificio sono stati condannati diversi esponenti mafiosi.
Per la categoria Forze dell’Ordine è stato premiato il Luogotenente con carica speciale Francesco Rosario Farina: “Questo Premio è un balsamo per i sacrifici e i dolori che una scelta di vita può portare. Ringrazio i miei genitori, posso dire di essermi sentito migliore rispetto alle scelte di vita fatte da altri nel mio paese. Quando arrestai uno ‘ndranghetista e glielo comunicai, gli tremava la voce. Quindi alla mafia trema la voce, noi siamo più importanti di loro”.
Per la società civile il riconoscimento è stato attribuito a don Antonio Coluccia, il prete che ha dichiarato guerra allo spaccio di droga e che anno dopo anno è diventato un simbolo della lotta alla criminalità a Roma, dove ha fondato la casa di accoglienza “Opera Don Giustino”.
“Gesù dice che è venuto per i malati, non per i sani – ha esordito nel suo racconto – mi sono trovato in zone di periferia senza illuminazione e con case popolari in mano ai clan. Ma è l’uso di droga che va evidenziato e soprattutto il provento delle piazze di spaccio: ho visto giovani diventare fantasmi, senza riuscire a tornare indietro. Sono riuscito con la Polizia ad intervenire, non è stato facile, molti esponenti mi chiamavano ‘il prete infame’, durante le processioni facevano chiudere le finestre ma un giorno non ho esitato a fronteggiare chi da dietro ad una finestra mi rivolgeva parole ingiuriose, invitandolo a mostrarsi. Io da uomo libero lo stavo facendo. Molte mamme si sono ribellate e la risposta è stata vedere aprire quelle finestre, una ad una. Sono riuscito a farmi inviare lettere anonime che consegnavo alla Polizia con i nomi degli spacciatori. L’omertà è un tumore sociale e occorre liberarsi dal compromesso”.
Infine sono stati consegnati attestati di benemerenza anche al Capitano del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Sala Consilina Martino Galgano e al Sottotenente della Guardia di Finanza di Sala Consilina Sebastiano D’Amora. Entrambi sono stati elogiati per il proficuo lavoro svolto in ambienti caratterizzati dalla criminalità. I due rappresentanti delle Forze dell’Ordine hanno ringraziato la platea e l’associazione per il prestigioso riconoscimento.
Presenti tra gli altri il Capitano della Compagnia Carabinieri di Sala Consilina Veronica Pastori, il Comandante della Sottosezione della Polizia Stradale di Sala Consilina, Ispettore Nicola Molinari, numerose associazioni di Polizia, enti, diversi primi cittadini ed i consiglieri regionali Tommaso Pellegrino e Corrado Matera. “Questo è un modello – ha riferito Pellegrino – uno stimolo a tenere alta l’attenzione sul tema delle mafie. Petrosino ha pagato con la vita e questo è il Premio delle persone perbene”.
Saluti affidati alla sindaca Michela Cimino, al pronipote di Joe Petrosino Nino Melito Petrosino e al presidente dell’Associazione “Joe Petrosino” Pasquale Chirichella. “La nostra associazione contribuisce da anni a parlare di legalità – ha affermato Chirichella – occorre promuovere i valori tra i ragazzi in modo che riconoscano i principi di correttezza per farli propri”.
Nino Petrosino, invece, rivolgendosi ai premiati ha definito il riconoscimento dedicato al prozio uno “stimolo in più per il nobile lavoro che fate”.
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