Ieri, dopo una complessa attività investigativa in materia di reati fiscali coordinata dalla Procura Distrettuale di Potenza e condotta dai Finanzieri del locale Comando Provinciale, è stata data esecuzione a un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale con cui sono stati disposti il sequestro preventivo di disponibilità economiche e finanziarie per oltre 15,5 milioni di euro e misure cautelari personali interdittive (divieto di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese) nei confronti di 20 imprenditori operanti nelle province di Potenza, Foggia e Barletta-Andria-Trani.
Tra i coinvolti ci sono anche due cittadini di Tito e un cittadino rumeno residente a Tito.
L’operazione trae origine dall’individuazione nel potentino di tre società che pur risultando totalmente prive di personale, mezzi e qualsivoglia capacità imprenditoriale, negli anni d’imposta dal 2019 al 2022 hanno emesso fatture per operazioni inesistenti per circa 52 milioni di euro, riferibili a prestazioni di trasporti e facchinaggio e a cessioni di beni, prevalentemente prodotti da forno che, ferma restando la presunzione d’innocenza, risultavano mai effettuati a beneficio di 18 aziende operanti nelle province di Foggia e Barletta-Andria-Trani nel settore della produzione e commercio, al dettaglio e all’ingrosso, di prodotti di panificazione, pasticceria e generi alimentari.
Le attività d’indagine hanno permesso l’acquisizione di evidenze indiziarie che hanno portato alla compiuta ricostruzione di un quadro probatorio ritenuto grave, prima dalla Procura e poi dal Giudice per le Indagini Preliminari, con riguardo a una ingente frode all’IVA e alle imposte sui redditi realizzata mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Importanti e rilevanti le anomalie riscontrate nel corso delle investigazioni. Le società emittenti, gestite da persone ritenute dagli inquirenti meri prestanomi, oltre ad aver disatteso puntualmente e sistematicamente tutti gli obblighi derivanti dalla vigente normativa tributaria (tenuta e conservazione della contabilità, presentazione delle dichiarazioni ai fini dell’IVA e delle imposte dirette, versamento delle imposte dovute), addirittura non avevano la titolarità di conti correnti, obbligatori per l’esercizio dell’attività d’impresa. Le imprese che hanno ricevuto i documenti fittizi hanno giustificato i relativi pagamenti con imprecisate compensazioni, facendo anche ricorso allo strumento del “baratto“.
Le fatture oggetto di contestazione hanno permesso un complessivo e indebito risparmio d’imposta tra IVA e IRES di oltre 15,5 milioni di euro, corrispondente a quanto oggetto di sequestro preventivo.
Agli indagati, a vario titolo, sono contestati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili e omesso versamento di IVA.
E’ stata contestata alla società interessata la violazione che riguarda la responsabilità dell’Ente conseguente ai reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione.
Contestualmente alla notifica delle misure cautelari personali interdittive si è proceduto all’acquisizione di beni immobili, auto, fra cui Ferrari, Range Rover, Mercedes, Alfa Romeo, rapporti finanziari nella disponibilità dei destinatari.
Per tutti gli indagati vige il principio di presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva di condanna.