Una nave proveniente dalla Cina con un carico di passata di pomodori è giunta questa mattina nei pressi del Porto di Salerno.
Coldiretti ha organizzato un blitz all’arrembaggio della nave con 6 gommoni e circa 150 attivisti i quali si sono avvicinati alla nave cargo per contrastare la concorrenza sleale in grado di mettere a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole del territorio.
La nave contiene 40 container di concentrato di pomodoro cinese accusato di essere ottenuto con lo sfruttamento del lavoro delle minoranze. Il carico era partito lo scorso 29 aprile sul treno della China-Europe Railway Express per essere trasferito su nave e arrivare a Salerno dopo un viaggio di 10.000 chilometri tra binari e mare.
Il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione viene dai campi della regione dello Xinjiang, dove verrebbe coltivato grazie al lavoro forzato degli uiguri. Un fenomeno denunciato dalle associazioni per il rispetto dei diritti umani.
Lo scorso anno l’Italia ha importato 85 milioni di chili di pomodoro trasformato cinese proveniente in gran parte proprio dallo Xinjiang nonostante gli Stati Uniti abbiano vietato l’importazione sul proprio territorio dal gennaio 2021 per evitare di sostenere il lavoro forzato.
“Occorre fermare le importazioni sleali, introducendo con decisione il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno” fanno sapere da Coldiretti Salerno.
“Gli attivisti della Coldiretti Campania si sono dati appuntamento a Salerno per manifestare contro le importazioni sleali fatte con lo sfruttamento dei lavoratori cinesi o senza rispettare gli standard europei” spiegano il presidente regionale Ettore Bellelli e il direttore regionale Salvatore Loffreda.
“Chiediamo a gran voce – aggiungono – che venga rimesso in discussione il principio del codice doganale sull’origine dei cibi, dove ciò che conta è solo l’ultima trasformazione. Per questo proseguiamo nella nostra azione di denuncia e per questo prosegue la nostra raccolta di un milione di firme per richiedere all’Europa una legge che obblighi di indicare chiaramente l’origine su tutti i prodotti dell’Unione”.